mercoledì 8 luglio 2015

Incubo sotto l'ombrellone

Cari studenti della IV^ A,

temevate che mi fossi dimenticato di voi? Ma questo è impossibile, lo sapete bene!

Ho fatto un sogno ricorrente negli ultimi giorni:

facevamo lezione in costume e pareo in riva al mare, ed improvvisamente un enorme granchio, mostruoso, bitorzoluto e dai movimenti sinistramente alieni, emergendo dall'oscurità deglli abissi si avvicinava a me minaccioso...
Ovviamente io tentavo di scappare, ma inciampavo su una catasta di libri incrostati di salsedine, di mucillagini e di mitili avariati. Così la terribile creatura mi raggiungeva, mi immobilizzava a terra con la potente stretta delle sue chele, accostava a me delle fauci - ahimé - spaventose, ricoperte di peluria nera, affilate come coltelli, dalle quali fuoriuscivano brandelli di carne sanguinolenta, mista a tendini, midollo e teneri nervi recisi, e mi diceva spettralmente:

ORA

TU

GLIELI FAI LEGGERE

TUTTI!

A questo punto mi risveglio urlando, sudato e spaventato a morte.

                                      §                   §                       §                          §

Qualcosa non torna. Ultimamente mi sento spiato. Uno strano scricchiolio lavora dentro al mio cervello. Questa volta l'ho visto. Allora è vero. Navigando in rete ne ho trovato l'immondo ritratto. Avevo ragione.
Eccolo:


Quell'ex scienziato della Nasa me l'aveva detto: quando lo vedi c'è solo un modo per salvarsi.

Cercate di comprendermi: ne va della mia stessa vita.
Fatelo per me!

Non ho scampo: devo obbedire!

3 libri a testa, scelti da 3 aggregati diversi. 
E una bella recensione online (riassunto+analisi) a commento di questo post.
Entro l'inizio della scuola (tutti l'ultimo giorno, mi raccomando!)

Se mi salvate, ci rivediamo a settembre...
Conto su di voi!

S.D.

La storia siamo noi...
Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano
Elsa Morante, La storia
Primo Levi, Se questo è un uomo, o La tregua
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo
Stendhal, Il rosso e il nero


Potere, economia e società
Giovanni Verga, Mastro-don Gesualdo
John Steinbeck, Furore o La perla
George Orwell, 1984
Andrea Baranes, Finanza per indignati
Ray Bradbury, Farheneit 451

Storie di infanzia e di adolescenza
Elsa Morante, L'isola di Arturo
Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini 
Natalia Ginzburg, Lessico famigliare
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno o I nostri antenati
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto - vol.1 - Dalla parte di Swann
Edmondo de Amicis, Cuore
Carlo Collodi, Pinocchio
Cesare Pavese, La luna e i falò
Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio

La vita è...
Gabriele D'Annunzio, Il piacere
Luigi Pirandello, Uno, nessuno, centomila
Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Corto viaggio sentimentale
Alberto Moravia, Gli indifferenti
Dino Buzzati, Il deserto dei tartari
Hernest Hemingway, Il vecchio e il mare
Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray

Nel bene e nel male
Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame
Elio Vittorini, Uomini e no
Fedor Dostoevskij, Delitto e castigo
Lev Tolstoij, Sonata a Kreuzer

Inchieste ed investigazioni
Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
Umberto Eco, Il nome della rosa
Franz Kafka, Il processo


(VETRINA IN ALLESTIMENTO)




75 commenti:

  1. IL VECCHIO E IL MARE (E. Hemingway)
    Il primo libro che ho letto quest'estate tra quelli proposti dal prof. è questo breve romanzo di Ernest Hemingway.
    La trama del romanzo è di per sé molto semplice, non presenta misteri o rapidi colpi di scena, né battaglie o scenari post apocalittici, ma solo la breve avventura di Santiago, un vecchio pescatore che dopo 84 giorni di pesca poverissima di risultati decide partire, per l'ennesima volta nella sua vita, alla volta del mare aperto sperando di venire finalmente aiutato da un po' di sana fortuna.
    La sua pesca assume, però, caratteristiche del tutto inaspettate nel momento in cui al suo amo abbocca un grosso Marlin di oltre 5 metri. Il Marlin però sembra non volersi arrendere alla propria sorte e inizia a trascinare la barca seguendo le correnti marine, mettendo l'ormai attempato protagonista in seria difficoltà.
    Questa lotta silenziosa prosegue per 3 giorni, fino a quando Santiago non riesce ad avere la meglio sulla propria preda; una volta catturato il pesce lo lega al lato esterno della barca e fa rotta verso casa.
    Purtroppo però lungo il tragitto, la tanto attesa e tanto desiderata preda viene quasi interamente divorata dai pescecani che ne lasciano la carcassa e poco altro, costringendo così il vecchio a tornare a casa a mani, e quindi tasche, vuote.

    L'ho trovato un libro di facile lettura, oltre per la breve durata, per lo stile dello scrittore, molto diretto, tagliente e soprattutto poco dispersivo, ricco di dialoghi (o meglio soliloqui, visto che in effetti Santiago era solo sulla barca) e a tratti divertente.
    Ho apprezzato particolarmente la capacità di Hemingway di narrare la vita del protagonista tramite ricordi sbiaditi dal tempo o talvolta ben nitidi nella testa di Santiago, lanciati all'interno della struttura narrativa come schizzi di pittura, apparentemente casuali, su una tela, riuscendo, però, perfettamente nel fine di comporre un bellssimo ritratto di quello che è il suo personaggio, di quella che è la sua vita, i suoi ricordi; i ricordi di un vecchio pescatore da sempre innamorato del mare.

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  5. Il libro è interamente incentrato sulla vita dell’affascinante ragazzo Dorian Grey.
    Qualsiasi persona lo incontri ne rimane affascinata, e così anche il pittore Hallward, che ispirato da tanta bellezza decide di fare un ritratto al giovane.
    A casa del pittore, Dorian incontra anche Lord Wotton, nobile gentiluomo che con le sue idee sulla vita, e il suo particolare modo di esprimersi, incuriosiscono il ragazzo, fino a farlo diventare un punto di riferimento nella vita del Grey.
    Il ragazzo crede profondamente a tutto ciò che Lord Wotton dice, tanto da cominciare a riflettere seriamente sulla sua vita e su quanto la sua bellezza sia un perno fondamentale del suo essere. Quando il pittore Hallward finisce il ritratto, decide di regalarlo a Dorian, e quando questo lo guarda, ne rimane affascinato, ma al tempo stesso nasce in lui un sentimento di gelosia nei confronti della propria bellezza ed è impaurito dal trascorrere del tempo, perché si sa che con il trascorrere degl’anni la bellezza si affievolisce, e quindi riguardando il ritratto un domani vedrà solamente ciò che era e che non sarà mai più; nel profondo di se stesso Dorian esprimere quindi il forte desiderio che il ritratto invecchi al posto suo; e così come sotto una magia il ritratto comincia ad invecchiare al posto suo, ma la sua anima non è immune dai danni del tempo e delle esperienze vissute, riosservando allora il quadro, Dorian non vede più il suo ritratto che invecchia, ma uno specchio che riflette la sua anima.
    Dopo aver chiuso la propria storia d’amore con l’attrice Sibyl Vane, la quale devastata dalla decisione improvvisa del ragazzo, decide di compiere un atto estremo: suicidandosi.
    Dorian, preso dai sensi di colpa, cambia il suo modo di vivere, diventando così patofobico nei confronti della propria immagine da nascondere il proprio ritratto in soffitta nella speranza che questa non lo tormenti più.
    Il senso di malessere e di repulsione nei confronti del dipinto rimangono immutati nel corso dei giorni successivi e lo spingono ad uccidere l’amico pittore ed a distruggere il ritratto con lo stesso coltello.
    Ciò che il quadro rappresenta per il protagonista è collegato in modo indissolubile con l’essenza di Dorian Grey, ed entrambi finiscono con l’essere uccisi. Il ritratto viene ucciso da Dorian e Dorian muore a causa di tutti gli avvenimenti che l’hanno portato ad essere una persona ossessionata della propria immagine.
    Oscar Wilde attraverso questo libro cerca di far capire come le persone si rendano schiave e si circondino di elementi futili della vita e senza valore come: l’arte, l’amore, il palcoscenico e la realtà stessa.
    Trovo che questo libro sia interessante, in quanto capire e ragionare sui temi della vita, sono per il lettore un invito a riflettere e uno stimolo per riuscire a valorizzare valori che siano realmente importanti per poter affrontare la vita.
    Purtroppo trovo alcune parti della narrazione eccessivamente descrittive, che rendono la lettura pesante e difficile spingendo il lettore ad annoiarsi.

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  6. L’isola di Arturo, Elsa Morante
    L’autrice è nata a Roma nel 1912 da una madre maestra alle scuole elementari e da un padre istitutore in un riformatorio romano.
    Si dedicherà per maggior parte della sua vita alla scrittura, alternandola a viaggia in diverse parti del mondo.
    Dopo essersi rotta il femore entrerà in una spirale infinita di problemi psichici e di salute, che la indurranno ad un tentativo di suicidio nel 1983; morirà poi nel 1985.
    Il protagonista è Arturo, un ragazzino che cresce solo nell’isola di Procida allevato da Silvestro, un soldato amico del padre. Il ragazzo è orfano di madre, morta dandolo alla luce, e quasi privo di un padre impegnato in lunghi viaggi lontani di Procida.
    Il rapporto tra i due è sempre stato ostico: Wilhelm Gerace non ha mai dato particolari attenzioni ad Arturo, arrivando al punto di non chiamarlo mai per nome e di evitare qualsiasi condivisione della vita quotidiana con lui.
    Arturo cresce insieme alla sua cagnolina, Immacolatella, che morirà però in seguito dando alla luce i suoi cuccioli e risvegliando in lui la malinconia della perdita della madre mai conosciuta, della quale possiede solo una fotografia ingiallita.
    I difficili rapporti familiari peggiorano, quando al ritorno di un lungo viaggio, Wilhelm Gerace conduce in casa propria la sua nuova moglie, Nunziata. Ragazzina esile e spaventata dal contesto in cui è stata catapultata, troverà in Arturo un amico.
    Il ragazzo, però, dopo poco tempo respinge la matrigna accusandola di attirare su di se tutte le attenzioni del padre di famiglia, che non sembra accorgersene. Wilhelm partirà per l’ennesimo lungo viaggio, durante il quale Nunziata darà alla luce il suo primo figlio che sconvolgerà completamente i sentimenti di Arturo, da sempre in realtà innamorato della giovane.
    Tutti i tentativi di Arturo vengono però respinti da Nunziata, e la gelosia sembra ormai accecarlo. La vita di Arturo verrà ancora di più sconvolta quando, al ritorno dal viaggio, il padre porterà in casa Stella, ex detenuto e futuro compagno del prossimo infinito viaggio del padre. Tutti i castelli di Arturo crollano in solo istante: il padre non ha mai intrapreso nessun viaggio che non distanziasse più di qualche chilometro dalla costa di Procida, il suo amore non è corrisposto e sembra non aver nessun luogo dove poter nascondersi.
    Sarà Silvestro, al suo ritorno sull’isola, a convincerlo ad abbandonare Procida per sempre. Il mattino seguente Artuto Gerace lascerà Procida nascondendosi il volto con il braccio, perché non ha il coraggio di vedere la sua isola scomparire davanti ai suoi occhi.

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  7. Avevo già iniziato questo libro qualche anno fa senza finire di leggerlo, perché la prima impressione non era stata delle migliori. La lunghezza delle parti descrittive rende la lettura a tratti noiosa e piatta; i primi capitoli, quando Arturo è solo, sono monotoni come del resto la sua vita.
    Riprendendolo di recente, e oltrepassando i primi capitoli mi sono dovuta ricredere in parte.
    Penso che l’arrivo della matrigna in parallelo alla crescita di Arturo sconvolgano, in qualche modo, la narrazione; questi due avvenimenti rendono la trama più intricata e vengono inseriti episodi di confronti, dialoghi forti, sentimenti repressi e suspense. A questo punto del libro è interessante notare il cambiamento di Arturo: da bambino solitario, dedito alla pesca e all’ammirazione del padre, ad adolescente consapevole, che esce dal suo mondo e affronta la realtà.
    Nunziata è un personaggio che mi ha colpito per la sua fermezza, quasi rassegnata al suo destino di moglie e madre sola devota ad un marito assente ed indifferente. Accoglie Artuto, abituato a stare solo, come un figlio e gli sta accanto, involontariamente, durante tutta la vicenda. Sembra che l’arrivo di Nunziata risvegli in lui tutte le mancanze di una vita senza madre, dell’amore mai ricevuto.
    Ho fatto fatica a provare ad immedesimarmi in Arturo, solo in un’isola quasi deserta. Ho avuto delle difficoltà anche a capire il personaggio di Wilhelm Gerace e il suo rapporto con il figlio: sembra quasi impossibile che un padre non riesca a nutrire anche un solo briciolo di affetto.
    Concludo dicendo che il libro, a mio parere, pone un interrogativo implicito al lettore, o almeno io ho colto questa domanda: Saresti, tu, sedicenne in piena crisi con gli altri e con te stesso, disposto a lasciare la tua isola, quella che non ti ha mai abbandonato, per partire senza una meta precisa e un futuro preciso?
    Arturo ha avuto questo coraggio, coprendosi gli occhi per non vedere la sua isola, Procida, scomparire.
    Inutile dire che questa lettura si è dimostrata molto più profonda di quello che mi immaginavo.

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  8. Fahrenheit 451, Ray Bradbury

    Fahrenheit 451, uscito nel 1953, è un libro di fantascienza proiettato in un futuro prossimo dove gli incendi, invece di essere domati e spenti, vengono appiccati da squadre di incendiari; il tutto in procinto dello scoppio della guerra.
    Montag, protagonista del racconto, fa parte di una di queste squadre che hanno come compito principale quello di incendiare tutte le case dove siano custoditi o nascosti libri di qualsiasi genere, per il semplice motivo che sono illegali per legge in quanto creano infelicità e spingono il lettore a costruire pensieri malinconici.
    Il Governo, infatti, si impegna per assicurare a tutti i cittadini una vita felice, priva di preoccupazioni o tormenti. Controlla tutte le famiglie attraverso diversi impianti tecnologici all’avanguardia, come televisori che ricoprono intere pareti o robot capaci di occuparsi della faccende domestiche.
    Dopo una giornata di lavoro Montag incontra Clarisse, sua vicina di casa, che gli farà aprire gli occhi sul mondo reale: il sapore della pioggia, la luce del sole, lo scorrere del tempo e la felicità.
    Il pompiere si rende conto dell’infelicità della sua vita, caratterizzata da una moglie asservita alle tecnologie e da un lavoro che non lo rispecchia più.
    Le sue ore lavorative sono guidate da Beatty, il capo incendiario, a bordo della Salamandra, una camionetta attrezzata per appiccare gli incendi e un segugio meccanico, comandato e progettato per percepire l’odore della preda a miglia di distanza, individuarla e ucciderla in pochi secondi.
    Quando Clarisse scompare nel nulla e la sua famiglia si trasferisce, Montag si rattrista e decide di avvicinarsi al monto proibito dei libri dopo aver assistito al suicidio di una vecchia signora, durante uno dei tanti incendi appiccati, insieme ai suoi volumi. Montag ne sottrae alcuni e inizia a leggerli in casa insieme alla moglie, per capire come un semplice individuo possa decidere di morire e sacrificarsi insieme ai suoi libri.
    La moglie appare subito indifferente, preferisce la compagnia dei consueti programmi televisivi; Montag rimane invece rapito da quello che è narrato all’interno di alcuni dei volumi e decide di rivolgersi ad un ex professore per saperne di più, il signor Faber.
    Esaltato dalla lettura, commette l’errore di leggere alcune righe di un libro in presenza di alcune amiche della moglie. Dopo una denuncia lui e la sua squadra si recheranno, con sua sorpresa, proprio nella sua casa per incendiarla, dopo che la moglie e le amiche avevano sporto denuncia contro di lui.
    Montag si ribella e uccide i suoi compagni, il suo capo e il segugio, ma è sulla pista di altre squadre e decide di rifugiarsi per qualche ora a casa di Faber, che gli darà indicazioni su dove poter nascondersi.
    Inizia in questo momento la fuga dell’ex incendiario, che arrivato sulla riva di un fiume, si farà trasportare dalla corrente nei pressi di una vecchia ferrovia, dove troverà ex studiosi e letterati fuggiti dalle persecuzioni.
    L’ultimo colpo di scena del libro è la rivelazione che tutto il suo inseguimento è stato proiettato nei megaschermi di tutte le televisioni di tutti i cittadini, con lo scopo di renderli partecipi all’operazione dei ricercatori. Operazione che finirà con l’arresto e l’uccisione, in diretta, di un perfetto innocente spacciato per Montag, col fine di non abbassare l’audience della diretta.
    Il libro si conclude con l’immagine dei fuggitivi che assistono allo scoppio della guerra.
    Ognuno di loro conosce a memoria un capitolo di alcuni libri fra i più noti, con lo scopo di poterli tramandare in futuro ai loro discendenti, perché la memoria, almeno quella, non si può ispezionare o incendiare.

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  9. Se dovessi fare un bilancio complessivo di tutti e tre i libri che ho letto, posso dire che Fahrenheit 451 è stato la vera sorpresa.
    Ho sempre evitato la lettura di libri di fantascienza, in quanto proiettano in un mondo troppo lontano da quello attuale, un mondo composto spesso da strani incantesimi, da castelli fatati piuttosto che da strane creature.
    Mettendomi in gioco posso dire che questo libro fa davvero riflettere sul futuro: viene descritto un mondo basato esclusivamente sui mezzi di comunicazione elettronici, privo di emozioni e di semplici sensazioni.
    È naturale cercare di paragonare la società descritta da Bradbury con quella attuale e con quella futura, e notare che quel mondo privato dei libri potrebbe benissimo essere simile a quello in cui potremmo vivere fra un paio di anni.
    Tutti, in quella società, si credono felici, ma quando viene posta loro la domanda diretta, come fece Clarisse, tutte le campane di vetro si rompono in un solo attimo e non c’è megaschermo che regga.
    In mezzo a tutta quell’ostentata felicità è impossibile non cogliere l’evidente infelicità e scontentezza di una società priva di prospettivi e assoggettata a leggi rigidissime.
    Leggendo questo libro mi è tornato alla mente un vecchio film, The Truman Show, dove il protagonista vive in un mondo costruito come palcoscenico di uno show, che viene trasmesso alla televisione e lui è perfettamente ignaro di tutto.
    In entrambi i casi, l’essere umano è succube del mondo in cui vive, che non presenta alcuna via di scampo.
    L’alternativa sono i libri, capaci di catapultare chiunque in un mondo parallelo, di farlo riflettere, pensare e ragionare. Alcuni, come questo, possono farti capire come possa essere monotono un futuro dove tutto deve garantire felicità e spensieratezza, dove non c’è tempo alla malinconia e al dolore che fa rinascere.
    Se vivessi nella società di Montag e avessi letto Fahrenheit 451 nel salotto di casa maturando questo pensiero malinconico avrei già un segugio meccanico alle calcagna.

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  10. Delitto e castigo, Fëdor Dostoevskij

    Delitto e castigo è ambientato a Pietroburgo nel 1865.
    Il protagonista, Raskòlnikov, è un giovane studente all’università della città dalla quale viene espulso per la sua incapacità di mantenersi negli studi.
    Inizialmente si dedica alle lezioni private o alla traduzione di alcuni scritti, per poi prendere la decisione di condurre una vita sedentaria e passiva rinchiudendosi nella sua stanza, che aveva preso in affitto dalla padrona di casa. Non riuscendo a pagare l’affitto del suo appartamento decide dare in pegno qualche suo oggetto prezioso ad una vecchia dedita all’usura di nome Aljòna Ivànovna, che vive insieme alla sorella in un condominio vicino.
    Il ragazzo, anche se si reca spesso a impegnare i propri oggetti, non riesce comunque a mantenersi e il rapporto con la vecchia signora diventa sempre più ostico, in quando quest’ultima tende a dare poca valuta a quello che Raskòlnikov le offre.
    Nel frattempo riceve una lettera da parte della madre a della sorella, dove quest’ultima, Dùnja, spiega che è in procinto di sposarsi con un ricco avvocato di nome Pëtr Petrovič . Questo matrimonio avrebbe permesso alla famiglia una vita un po’ più adagiata e un lavoro al ragazzo.
    Raskòlnikov, contrario al matrimonio , che si sarebbe celebrato in maggioranza per motivi economici e scosso dalla notizia , decide di uscire per prendere un po’ d’aria e in una taverna trova intraprende un lungo dialogo con Marmeladov, un ubriacone.
    Quest’ultimo gli racconta la sua vita, di come sperpera tutti i soldi in alcolici e di come non sia in grado di mantenere la moglie e i figli; sua figlia Sonja infatti è stata costretta a darsi alla prostituzione per cercare di mantenere la famiglia.
    Mentre torna nel suo appartamento si imbatte in due giovani che parlano della vecchia usuraia, Aljòna, definendola un parassita che crea solo problemi a chi non riesce a mantenersi, aggiungendo che ucciderla sarebbe solo un bene.
    Nella mente di Raskòlnikov inizia a formarsi un piano ben preciso, che sembra perseguitarlo durante tutte le ore del giorno: uccidere la vecchia usuraia, per liberare lui e molte altre persone dalla pressione dei debiti o dei pagamenti legando un cappio con all’estremità un’accetta alla manica del suo cappotto e recarsi poi a casa della vecchia, nel momento in cui sarebbe stata sola, con il pretesto di impegnare un porta sigarette d’argento e in quel momento ucciderla.
    Il ragazzo, però, alterna momenti di estrema lucidità a momenti di incertezza e non padronanza delle proprie azioni. Inizia ad avere la febbre alta.
    Nonostante ciò decide di attuare il suo piano e si reca a casa della vecchia . Aljòna Ivànovna è sola, ed è restia ad aprire la porta senza la presenza della sorella, dopo qualche minuto decide di invitare Raskòlnikov in casa per esaminare attentamente il pegno. Nel preciso istante in cui la vecchia usuraia si stava avvicinando alla luce per stimare l’oggetto, Raskòlnikov tirò fuori l’accetta e con un colpo secco la colpì alla nuca, La sorella della vittima, però, rincasò prima del previsto e il ragazzo fu costretto ad assassinare anche lei.

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  11. Raskòlnikov rischia di essere scoperto da altri clienti che suonano alla porta, ma dopo aver aspettato che si fossero allontanati fuggì senza farsi notare.
    Il suo stato di salute peggiorava sempre di più e il primo nascondiglio della refurtiva, all’ interno di una crepa del muro e dentro alla stufa, iniziarono a far maturare in lui l’idea di poter essere scoperto facilmente in caso di un’ eventuale perquisizione. Decide, quindi, di recarsi in un luogo isolato e poco frequentato per lasciare il tutto sotto ad un masso.
    Nel frattempo la sorella e la madre arrivano a Pietroburgo e sono subito preoccupate per la salute del ragazzo, che alterna momenti di delirio a momenti di lucidità, insieme a loro arriva anche il futuro marito di Dunja, Pëtr Petrovič, che fin da subito sembra svalutare la serietà di Raskòlnikov.
    Assistito dalla famiglia e dall’amico Razumichin, dopo qualche settimana il ragazzo si rimette ed inizia ad assumere atteggiamenti strani nei confronti dell’assassinio della vecchia usurai: si reca più di una volta nella stanza dove si è svolto il delitto e chiede molto spesso aggiornamenti sul punto delle indagini recandosi con falsi pretesti alla stazione di polizia. Atteggiamenti che insospettiscono il giudice Porfirij, che decide di indagare sul ragazzo.
    Nello stesso periodo si imbatte anche nella morte di Marmeladov alla quale segue anche quella della moglie, fatto che fa rimanere orfani i loro figli, fra i quali Sonja. Ad occuparsi di loro sarà Svidrigajlov, vecchio datore di lavoro di Dunja noto per essere il principale indiziato della morte di sua moglie e recatosi a Pietroburgo per riconquistare la sua vecchia dipendente.
    Raskòlnikov inizia a pensare alla possibilità di confessare a qualcuno il delitto, ma la sua teoria dell’uomo “superiore” (colui che ha solo diritti e non doveri, che non deve osservare la legge, perché la legge è lui stesso) lo spinge a convincersi che l’assassinio della vecchia è stato un episodio giusto, in quanto ha eliminato una figura meschina e inutile.
    La vicinanza di Sonja, donna di fede nonostante la sua professione, lo convince a confessargli l’atroce delitto e a costituirsi alla polizia.
    Raskòlnikov viene arrestato e costretto ai lavori forzati in Siberia, dove Sonja lo seguirà.
    Il protagonista accetterà solo grazie alla fede la sua condanna. Dopo poco la madre, da tempo malata, morirà.

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  12. Il romanzo mi ha incuriosita sin da subito.
    La sua trama, pagina per pagina, diventava sempre più fitta e intricata. Da una situazione di stabilità del protagonista si genera un insieme di penseri, riflessioni, pentimenti e teorie generati da un unico fatto: l’omicidio.
    Trovo che la parte che narra dell’omicidio, ma soprattutto quella prima riguardante la preparazione meticolosa, siano state descritte in maniera molto dettagliata dal ponto di vista mentale e non materiale dello svolgimento dei fatti.
    L’autore sembra dare libero accesso ai pensieri del protagonista, lasciando molto spazio alle sue riflessioni interiori, anche mentre conversando altre persone. È interessante notare come chiunque sia venuto in contatto con Raskòlnikov abbia trovato difficoltà nel capire la motivazione dei suoi quotidiani tormenti, che invece sono spiegati in modo più che dettagliato dai molti monologhi interiori.
    Questo aspetto della narrazione mi ha permesso in un certo senso di immedesimarmi nel personaggio protagonista, che sembra renderti partecipe dei suoi pensieri più segreti e convincerti della fondatezza delle sue teorie.
    La trama è arricchita anche da altri personaggi con caratteri ben definiti e diversi, che intrecciano le loro storie con quella principale. Ognuno dei personaggi proviene da poli opposti, che si ricongiungono poi nello stesso momento dopo l’assassinio della vecchia usuraia.
    Fra tutti mi ha colpito il personaggio di Sonja, che trova nella fede la risposta alle difficoltà che ha incontrato nella sua difficile vita. Quando Raskòlnikov incontra Sonja, trova nella fede la risposta ai suoi dubbi e solo grazie a quest’ultima sarà in grado di accettare il suo futuro. In questo momento la parabola della sua storia psicologica si chiude.
    L’unico aspetto che ho trovato più impegnativo è stato capire le relazioni che intercorrono tra i numerosi personaggi, le loro storie personali prima distinte e poi unite e incrociate a quelle degli altri. In questo contesto forse i nomi non hanno aiutato, sono molto simili e in lingua russa, non nego di essermi confusa un paio di volte nelle prime pagine.
    Delitto e castigo non è certamente un libro di poche pagine, ma la sua particolarità di narrazione psicologica coinvolge a tal punto di immedesimarsi completamente in Raskòlnikov, protagonista di un intenso scontro tra quello che è il bene dal punto di vista della sua teoria e dal punto di vista della società.

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  13. Fahrenheit 451 – Ray Bradbury
    Guy Montag è un incendiario, e lavora per una Caserma del fuoco chiamata Salamandra. Il compito di quelli che una volta erano i pompieri non è più di domare le fiamme, ma di appiccarle, bruciando i libri che per legge vengono ora considerati illegali. Una volta ricevuto un segnale d’allarme gli incendiari si precipitano nelle case dei colpevoli per distruggere i volumi, e nel caso in cui qualcuno tenti la fuga viene inseguito dal Segugio Meccanico, un marchingegno dotato di zampe e di un ago d’acciaio che lacera le pelli delle vittime per rilasciare abbondanti dosi di anestetici.
    Una bizzarra ragazza conosciuta una sera, Clarisse McClellan, porta il protagonista a porsi sempre più domande in merito al proprio lavoro e alla situazione sociale. Guy inizia a sottrarre di nascosto dei libri, e dopo aver assistito ad una scena terrificante, un’anziana signora che sceglie di bruciare con la propria biblioteca, si chiude in casa con la moglie Mildred, una donna frivola che dà più importanza agli schermi televisivi sulle pareti e alla radio che alla comunicazione e alle relazioni vere. Non comprendendo quanto scritto nei libri, il protagonista decide di recarsi da Faber, un professore conosciuto un anno prima in un parco, che gli spiega l’importanza del cogliere il significato di quanto viene letto e che gli dona un micro-auricolare da tenere nell’orecchio per rimanere sempre in contatto.
    Tornato alla Salamandra, allo squillare dell’allarme gli incendiari e Guy si recano alla casa segnalata, che si scopre essere di quest’ultimo: Mildred ha infatti denunciato il marito, che è costretto a bruciare la sua stessa casa e i suoi stessi libri. Quando il capo Betty scopre l’auricolare e dichiara la sua intenzione di catturare anche Faber, Guy brucia anche lui assieme ad un Segugio, che lo lascia tuttavia ferito. Ricercato dalla polizia, si reca a casa del professore che gli indica una comunità di ribelli presso i quali rifugiarsi. Questi costituiscono la memoria letteraria dell’umanità: ognuno ha memorizzato un libro da trasmettere alle nuove generazioni fino al termine della tirannia. Mentre Montag si unisce al gruppo, la città viene bombardata e rasa al suolo. Sopravvissuti, s’incamminano verso le macerie pronti per ricordare e ricostruire.

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  14. Scritto negli anni ’50 del secolo scorso da Ray Bradbury, Fahrenheit 451 è un romanzo fantascientifico che muove una profonda critica alla società e apre una riflessione sulla cultura e sul libero pensiero.
    La società è infatti governata dallo stato e impostata su un modo di pensare ben preciso, la libertà viene privata. Vi è un motivo per cui i libri sono diventati illegali: essi rappresentavano cioè che portava le persone a pensare, qualcosa per liberare ed espandere la mente, con la possibilità di elaborare idee e concetti. Gli incendiari si definiscono gli “Happiness Boy”, e bruciando i libri si oppongono a coloro che vogliono rendere infelici gli altri con teorie e ideologie contradditorie. Le informazioni che erano contenute all’interno di questi ultimi vengono ridotte e sintetizzate al minimo al fine di creare meno discussioni e dibattiti, e vengono diffuse dai mass-media. “Il televisore è reale, è immediato, ha dimensioni. Vi dice lui quello che dovete pensare, e ve lo dice con voce di tuono. Deve aver ragione, vi dite: sembra talmente che l’abbia! Vi spinge con tanta rapidità e irruenza alle sue conclusioni che la vostra mente non ha tempo di protestare, di dirsi: quante sciocchezze!”. Viene inoltre privilegiata la trasmissione di programmi futili e leggeri, la popolazione è a conoscenza solamente di ciò che è necessario: c’è una guerra che incombe, ma non si sa bene contro di chi, per quale causa, perché si debba combattere e chi è coinvolto. Perfino le panchine e le verande sono state rimosse per fare in modo che non ci si possa fermare a riposare e a riflettere, la società è frenetica, sempre in movimento e affogata dai mass-media.
    Il libro non è particolarmente lungo, è di facile lettura e tocca temi attuali, l’ho trovato perciò molto interessante e formativo.

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  15. 1984 – George Orwell
    Orwell si immagina la terra divisa in tre grandi blocchi governati da sistemi totalitari in perenne lotta tra loro: l’Oceania in cui il sistema dominante è il Socing, l’Eurasia con il Neobolscevismo e l’Estasia con il Culto della Morte.
    Winston Smith vive in Oceania, in una società gerarchicamente suddivisa al cui vertice sta il Grande Fratello, colui che ha sempre ragione e osserva la vita dei suoi cittadini notte e giorno attraverso teleschermi e microfoni. Le infrazioni contro il Grande Fratello vengono chiamate psicoreati, coloro che le commettono spariscono dalla circolazione, vengono portati nel Ministero dell’Amore per essere torturati e poi uccisi. Poi la società si divide in Alti, Medi e Bassi, e cioè: Partito Interno, ristretta cerchia che vive nel lusso; Partito Esterno, funzionari dello stato; e all’ultimo livello della società ci stanno i prolet che vivono in miseria oppressi dal lavoro.
    L’intero apparato governativo dove vi lavorano i membri del Partito Esterno è suddiviso in quattro edifici: il Ministero della Verità, che si occupa dell’informazione, dei divertimenti, dell’istruzione e delle belle arti; il Ministero della Pace, ce si occupa della guerra; il Ministero dell’Amore, che manteneva la legge e l’ordine pubblico; e il Ministero dell’Abbondanza, responsabile per gli affari economici. Il nostro protagonista lavora nel Ministero della Verità ed è impegnato ad alterare i fatti di documenti, testi, libri.
    Vive in un eterno presente, in una società in cui le persone non sono libere di esprimersi e di amare, in cui se hai delle tue opinioni vieni considerato pazzo e pericoloso, in cui ci si basa sul bipensiero cioè un meccanismo psicologico che consente di credere contemporaneamente a due opinioni tra loro contrastanti accettandole entrambi; in cui la realtà viene alterata e così pure la storia; in una società fondata sulla guerra che manda avanti l’economia e mantiene saldo il governo nelle mani del Partito.
    Winston è diverso, ha opinioni e idee non intaccate dal bipensiero, insomma conserva la propria integrità mentale. Inizia a commettere tutta una serie di psicoreati, primo fra tutti essere contro il Grande Fratello. Inizierà poi a scrivere un diario indirizzato a un prossimo futuro in cui gli uomini saranno liberi ed a O’Brien. O’Brien è un membro del Partito Interno, farà il doppio gioco con Winston facendogli credere di essere delle stesse opinioni, per poi arrestarlo. Avrà anche una relazione amorosa con un altro membro del Partito: Julia.
    Durante uno dei loro incontri segreti, Winston e Julia vengono catturati e portati nel Ministero dell’Amore. Vengono torturati fisicamente e mentalmente. E’ O’Brien che infligge le punizioni a Winston, e un po’ alla volta gli fa il lavaggio del cervello. Per quanto resistette contro il dolore per sostenere le sue convinzioni e combatté per conservare un briciolo di umanità, alla fine giunse ad amare il Grande Fratello. E finalmente poté morire.
    In poche parole il Partito si serviva dell’istruzione per educare le giovani menti alla fede cieca ed inconsapevole/ ortodossia nel Grande Fratello e ad avere paura di avere opinioni personali, come era avvenuto con il nazismo, non si dava la possibilità di formare un proprio e libero pensiero. Il Partito doveva avere il controllo su tutto, tutto ciò che sfuggiva da tale controllo era da distruggere, come ad esempio l’istinto sessuale, perché minava il potere dell’autorità. Oltre ad intervenire nella correzione dei testi si diede il compito di redare delle nuove enciclopedie sempre più limitative nei vocaboli.

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  16. 1984, o per meglio dire 1948, è un romanzo distopico scritto nel secondo dopoguerra da George Orwell, in un periodo dominato dal terrore dalla costante minaccia della bomba atomica. Ha perciò una visione negativa del futuro. Si percepisce la sua paura verso il sistema totalitario, la falsificazione, il deterioramento della lingua, l’alterazione della realtà e dei fatti storici, l’annullamento dell’individualismo. Crea una società non troppo lontana dalla nostra, in cui le nostre conversazioni sui social vengono spiate per essere usate contro di noi o sfruttate per scopi pubblicitari, in cui le potenze mondiali hanno il potere per porre fine alla libertà degli uomini, già contaminata.
    Ho trovato molto stimolante la lettura di questo libro, e non solo perché parla di una società basata sul potere, la paura e l’odio riflesso del presente in cui Orwell scrive, ma anche perché suscita impotenza verso una società così chiusa, inattaccabile, e rabbia verso una mancanza di libertà, privacy ma soprattutto libertà di pensiero.
    Ci sono molti punti in cui mi pare di essere dentro il libro a lottare per mantenere salde le mie convinzioni, ma cosa farei se mi trovassi nella stanza 101 ad affrontare la mia più grande paura? Sarei capace di resistere o incolperei qualcun altro pur di sfuggire alla pena?
    Mi ha particolarmente toccato il punto in cui Winston deve dire quante dita gli mostra O’Brien. Gli mostra quattro dita, “E se il Partito dice che le dita non sono quattro ma cinque, quante sono?” ma Winston continua a rispondere quattro e man mano il livello di dolore inflittogli aumenta finché cede “Quattro, immagino che siano quattro. Ne vedrei cinque, se potessi. Sto cercando di vederne cinque.”

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  17. Se questo è un uomo, Primo Levi

    Primo dei libri che ho deciso di leggere durante queste vacanze, assegnatomi dal professore è Se questo è un uomo di Primo Levi. Pubblicato nel 1947, questo è testimonianza della terribile vicenda vissuta dall'autore stesso durante il periodo dei LAGER, e quindi durante la seconda guerra mondiale. Ebreo, partigiano fu catturato nel 1943 dalla milizia fascista, che come sappiamo era alleata tedesca durante il conflitto, e deportato l'anno successivo nel campo di concentramento di Monowitz in Polonia. Qui grazie alla carica di chimico riusci a sopravvivere alle dure e indecenti condizioni di vita dei campi di lavoro. Contribuì alla sua missione di sopravvivenza la decisione del governo tedesco, che nel 1944, vista la scarsità di manodopera, prolungò la vita media dei prigionieri destinati successivamente comunque alla morte.
    Nonostante la qualifica, l'autore dovette vivere in prima persona la vita orribile dei Lager, fatta di fatica, miseria e ingiustizie.
    Da un punto di vista strutturale, l'opera racconta le terribili vicende in ordine cronologico e non presenta invenzioni. Questo perché, come sottolinea l'autore, le sue ambizioni sono quelle di fornire documenti e testimonianze utili allo studio degli aspetti umani e inoltre denunciare qualsiasi discriminazione.
    Da un punto di vista personale, trovo che il libro sia molto interessante e di facile lettura. Particolarmente interessanti sono i temi trattati, che sono molto utili per farci capire come molto spesso l'uomo si fermi alle apparenze o a fatti miseri, senza pensare a tutti quelli che, come Levi, hanno dovuto vivere tali esperienze.

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    1. Anche io ho letto “Se Questo è un Uomo” di Primo Levi.
      Primo Levi fu catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943 e venne portato nel campo di smistamento di Modena, Fossoli, dal quale venne inviato ad Auschwitz nel 1944.
      Nel libro viene descritto il periodo di prigionia durante il quale lo scrittore vede molti suoi compagni morire a causa delle pessime condizioni ambientali e igienico- sanitarie del campo e del lavoro massacrante.
      Il primo capitolo, racconta il viaggio in treno verso la Polonia. Da lì in poi tutto il romanzo è ambientato nel campo di concentramento ad Auschwitz. I prigionieri lavorano nel campo, e alloggiano in baracche: l’autore racconta e descrive con molta attenzione e molti particolari i vari ambienti per fornire un’immagine della tragedia della vita nel campo.
      Ha vissuto un lungo e faticoso viaggio con gente sconosciuta e piena di dubbi su dove fossero diretti e il perché. Al suo arrivo al campo, viene spogliato completamente e gli vengono rasati i capelli, lì perde la sua identità: non aveva più un nome, per i nazisti si chiamava 174 517. Da questo momento perde tutti i suoi diritti e inizia a lavorare come uno schiavo. Un giorno, durante il lavoro di trasporto di materiale, Levi si ferì ad un piede. Dovette essere ricoverato nell’infermeria del campo ovvero il Ka-Be. Dopo essere stato dimesso venne mandato in una nuova baracca. Lì incontrò un nuovo amico di nome Alberto con cui divise la propria cuccetta.
      Nel frattempo Levi cominciò a capire come funzionava la vita nel campo, quale fosse la gerarchia dei numeri, i trucchi per sopravvivere, per avare una dose in più di zuppa o di pane.
      In seguito, sostenne gli esami di chimica per poter essere scelto tra i vari prigionieri candidati, poiché nel campo avevano bisogno di prigionieri che lavorassero nei laboratori chimici. Nell'Ottobre 1944 arrivarono al campo altri prigionieri e iniziarono le selezioni per l’invio alle camere a gas. Primo, che era assegnato al laboratorio di chimica con altre donne civili, riuscì a salvarsi. Nello stesso tempo l’esercito russo stava avanzando verso la Germania e i prigionieri sentivano e speravano che la liberazione fosse vicina. Nel racconto, Levi ricorda che un prigioniero venne accusato di sabotaggio di un forno crematorio a Birkenau e per punizione fu impiccato. Quando i Russi erano ormai vicini e bombardarono il campo, Primo Levi si ammalò e venne ricoverato nel Ka-Be, insieme ad altri prigionieri. Quando arrivò l’ordine di lasciare il campo, soldati e guardie, le SS, scappano e anche i prigionieri, tra cui un amico di Primo, Alberto, fuggirono, mentre Levi riuscì a sopravvivere con i prigionieri rimasti fino all’arrivo dei Russi che li liberarono.

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    2. La parte di biografia che più mi ha colpita è stata il momento nel quale Levi aspetta di essere assegnato al laboratorio, e gli viene affidato l'incarico di aiuto trasportatore, con un altro prigioniero di nome Jean. Per cercare di non abbruttirsi completamente, nel lavoro di trasporto recita alcuni versi della “Divina Commedia” a Jean e glieli spiega.
      Oltre al fatto che secondo me nonostante molti leggano questo libro nessuno riesce veramente ad immedesimarsi nel personaggio in quanto i fatti narrati sono ancora ineffabili per lui che li ha vissuti anche se descritti il più possibile vicino alla realtà, penso che sia straordinaria la volontà del prigioniero di mantenere viva e funzionante la memoria per non dimenticare la vita precedente e per ricordare i momenti che sta vivendo nei campi di concentramento. Molti dei suoi compagni sono morti fisicamente, altri mentalmente, lui è rimasto vivo anche grazie anche alla speranza inconsapevole di arrivare ad un domani con le sembianze di un uomo, nella speranza di tornare alla vita che conduceva prima pronto ad affrontare tutte le difficoltà della vita quotidiana e non lasciandosi alle spalle gli insegnamenti ricevuti prima della deportazione.
      Per questo nella sua poesia, Levi si rivolge ai suoi contemporanei che vivono in case riscaldate, sicuri e senza paure, che trovano, cibo caldo e l’affetto delle persone amiche, e li invita a riflettere se può essere chiamato “uomo” una persona che lavora nel fango, che non trova momenti di tranquillità, che è costretto a lottare per un pezzo di pane e che muore per un semplice “si” o “no” di un SS tedesco.
      Levi vuole che tutti rievochino le immagini e le trasmettano ai loro figli affinché non si scordino gli errori e gli orrori di quel periodo per non ripeterli.
      Invita a prendere la vita che ci è stata donata e tenerla ben salda tra le mani, a non lasciarla sfuggire perché è preziosa e non bisogna trascurarla.

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  19. Il rosso e il Nero – Stendhal
    Pubblicato per la prima volta nel 1830 il rosso e il nero è un romanzo che narra le vicende del giovane Julien Sorel, di umili origini ma caratterizzato da una grande ambizione. Oltre alla storia del ragazzo il romanzo riporta le abitudini, le mode e gli stili di vita francesi del periodo seguente la Restaurazione.
    Julien è figlio di un contadino il quale dopo un fortuito affare è riuscito a diventare proprietario di una segheria, il lavoro del carpentiere però è un lavoro duro, non adatto alle caratteristiche del ragazzo il quale è gracile, ombroso, riflessivo e ama nascondersi dal padre dedicandosi alla lettura. Grazie all’abate del villaggio in cui vive, Julien può sfruttare le sue peculiarità: impara il latino e può dedicare la prima parte della sua vita allo studio. Inizia presto a distinguersi e a farsi notare per le sue conoscenze venendo accolto nella casa del sindaco del paesetto, il signor de Rênal, come precettore dei suoi figli. Qui però nasce una storia d’amore tra il ragazzo e la moglie del sindaco. Il loro rapporto è molto particolare in quanto Julien è scosso dal continuo contrasto interiore tra amore, ambizione e dignità. In paese iniziano a diffondersi delle voci riguardo la loro relazione perciò Julien è costretto ad andarsene ed entrare in seminario. Qui può dare spazio alla propria ambizione aspirando ad un futuro come uomo importante di chiesa. Dopo il periodo in seminario viene accolto come segretario del marchese de La Mole a Parigi. Qui entra in contatto con l’ambiente mondano post-Restaurazione. Stendhal in questa sezione del libro si dilunga spesso nella descrizione degli stili di vita parigini di questo periodo. Anche durante questa nuova sistemazione Julien intraprende una sconveniente relazione: egli infatti si innamora e ingravida la figlia del marchese. De La Mole viene costretto da questo evento a: nominare cavaliere Julien, soddisfandone finalmente le ambizioni, e ad acconsentire il matrimonio della figlia con il suo protetto. A questo punto però la signora de Renal, essendo venuta a conoscenza degli eventi, con una lettera sconvolge ogni progetto di julien il quale colmo d’ira la cerca e le spara, ferendola. Julien viene condannato alla ghigliottina. La fine del libro narra di come Julien si rende conto di: essere ancora innamorato di madame de Rênal e della futilità delle sue ambizioni. Alla fine julien viene ucciso, la moglie del sindaco muore poco tempo dopo e madame de La Mole ruba la testa dell’amato seppellendola poi in una grotta.

    E’ stato molto difficile leggere questo libro il quale si dilunga spesso in lunghe, lineari e pompose descrizioni di oggetti, persone, comportamenti e ragionamenti. Delle cinquecentoundici pagine di cui è composto quattrocentotrenta sono riempite da descrizioni e pochi eventi. La lettura prosegue a rilento, l’unico fattore che alimenta la voglia è la speranza che possa succedere qualcosa capace di scuotere e catturare totalmente l’attenzione del lettore; così si cominciano a macinare lentamente le pagine finchè non si arriva agli ultimi capitoli e ci si rende conto che ormai anche un evento che normalmente sarebbe considerato fantastico verrebbe assorbito dalla spirale di noia creata dal resto del libro. L’unico sorriso si crea nell’osservare come la società figlia della Restaurazione fosse fortemente forzata, come essa cercasse di tornare ai costumi e alle convenzioni precedenti la rivoluzione nonostante essa abbia modificato radicalmente la società dell’antico regime, minandone le basi e rendendo impossibile un ritorno a quel determinato stile di vita.

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  20. Fahrenheit 451, di Ray Bradbury.

    Fahrenheit 451 è un romanzo fantascientifico ambientato nel futuro, in un mondo in cui vige la tecnologia e in una società nella quale leggere o possedere libri è considerato reato.
    Essi infatti rendono la gente infelice e razionale. La televisione e la radio, sotto controllo del governo, sono gli unici mezzi attraverso i quali i cittadini possono istruirsi ed informarsi.
    E’ compito dei pompieri che, per distruggere qualsiasi manoscritto, al posto di spegnere il fuoco lo appiccano.
    Chi commette la leggerezza di leggere dei testi viene prontamente punito con l’incendio della propria casa e con il conseguente arresto.
    Il protagonista è un pompiere chiamato Guy Montag che, dopo l’incontro con la sua vicina di casa di nome Clarisse, comincia a farsi troppi pensieri.
    Rimane infatti colpito dalla ragazza, che mostra un modo di vivere diverso dagli altri.
    I suoi familiari non possiedono ne’ la televisione ne’ la radio e passano le serate chiacchierando seduti nel tavolo in allegria e spensieratezza.
    Sembra una famiglia molto felice, al contrario di quella di Montag, che mette sempre più in discussione l’amore presente tra lui e sua moglie.
    Essa infatti non considera molto il marito e resta sempre più prigioniera delle televisioni appese alle pareti, l’unica cosa a cui tiene veramente.
    Guy inizia a leggere un breve trafiletto di un libro che dovrebbe bruciare dopo che un incendio scoppia in una casa di un’anziana signora che preferisce morire piuttosto che vedere i suoi volumi sgretolarsi.
    Il protagonista salva altri libri che comincia a leggere non comprendendone completamente il significato, tenendoli ben nascosti dentro la sua dimora; però si sente sempre più solo e confuso, tanto da mettere in discussione il suo lavoro.
    Riceve molte visite in casa dal capitano della squadra incendiaria, Beatty, il quale, un po’ insospettito, cerca di farlo ragionare e fargli capire che i libri non contengono le soluzioni dei problemi della propria vita.
    La situazione varia quando Montag entra in contatto con un anziano docente che lo aiuta ad interpretarli.
    L’uomo continua a leggere sempre più incuriosito finche’ non lo vedono le amiche di sua moglie, le quali rimangono sconvolte.
    Mildred lo abbandona e, dopo una denuncia, il protagonista viene costretto dai suoi compagni di squadra a bruciare la casa insieme ai suoi libri.
    Si sente minacciato dal suo capo Beatty, in preda alla rabbia lo uccide però si trova costretto anche a distruggere la sua dimora con i volumi.
    Per sfuggire all’arresto fugge verso la periferia della città dove, nei pressi di un fiume, entra in contatto con dei letterati in esilio i quali conoscono a memoria numerosi testi che cercano di tramandare alle nuove generazioni.
    Il romanzo si chiude con un ordigno nucleare sganciato nella metropoli e con Montag e i suoi nuovi compagni, scampati dal pericolo, che si recano in città tentando di soccorrere i sopravvissuti.

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  21. ----------------------------------------------------------------------------------

    Il romanzo è diviso in tre capitoli. Nel primo si racconta la vita di Guy Montag e del suo incontro con Clarisse, nel secondo si tratta del tema dell’utilità dei libri con l’incontro del professore Faber mentre, nell’ ultimo, viene analizzato l’assassinio di Beatty e la fuga di Guy dalla città.
    L’autore ha utilizzato molti dialoghi tra i personaggi per far conoscere ai lettori le caratteristiche della società in cui è ambientata la vicenda.
    Poche sono invece le descrizioni degli spazi.
    Mi ha colpito molto il carattere di alcuni personaggi e come la spontaneità e la semplicità che magari nel mondo di Bradbury non sono definite tali, possono far guardare il mondo da un’altra angolazione.
    Montag è un uomo dinamico, dato che cambia fortemente nel corso della vicenda, non è rigido ma insicuro, dato gli enormi punti di domanda che si pone durante il racconto.
    E’ sposato con una donna di nome Mildred, attaccata alle cose materiali e schiava della televisione e della radio.
    Clarisse invece è una ragazza di 17 anni che si definisce pazza perché le piace a contatto con la natura, fare lunghe passeggiate, osservare la gente, e tante altre cose che nel mondo dominato dalla tecnologia avanzata di "Fahrenheit 451" sono considerate strambe. Ed è proprio grazie all’incontro con questa ragazzina che si apre un nuovo mondo per Montag.
    E’ stato un libro molto interessante, con temi curiosi e stimolanti, che fanno riflettere sull’importanza e sull’influenza che hanno i libri, scritti dai più grandi studiosi, letterati, scienziati.. e come può essere un mondo nel quale viene inserito il “ reato di libri “.

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  22. La scelta per il secondo libro è caduta su un classico della letteratura inglese. il libro di Jane Austen Orgoglio e pregiudizio. Questo libro mi ha incuriosito fin da subito. Ho sempre voluto leggerlo per rendermi conto se il libro fosse meglio del film, e devo confermarlo.
    Sebbene sia un libro che parli di una storia d’amore, nel mezzo ci sono anche tanti fatti che calano il lettore all’interno della storia, quasi ad immedesimarsi in essa. Il modo di scrivere dell’autrice è tipico del tempo in cui ha vissuto, leggendolo si possono notare come nell’ottocento il modo di comunicare fosse completamente diverso dal modo che usiamo oggi. Il rapporto, poi fra uomo e donna era basato sul fatto che la donna fosse completamente sottomessa alle decisioni degli uomini e come in una famiglia dove vivevano cinque figlie femmine, l’unico scopo per la madre era quello di far prendere loro marito il prima possibile in modo che il patrimonio familiare non andasse perduto alla morte dei genitori se queste non si fossero sposate.
    Nel libro poi, si nota come la società inglese sia rigida e suddivisa ancora in classi sociali, anche se capitavano delle occasioni, come i balli di sala pubblici, dove i vari tipi di classe sociale si riunivano tutti insieme e potessero cogliere l’occasione di parlare e conoscersi.
    La storia parla principalmente delle sventure ed avventure che la signorina Elisabetta Bennet dovette affrontare con la sua famiglia e con la società.
    La famiglia Bennet era composta da:
    il Signor Bennet un uomo all’apparenza burbero, sempre rinchiuso nella biblioteca di famiglia e poco dedito agli eventi sociali;
    la Signora Bennet: una donna senza limiti,senza contegno, pressante e con l’unico scopo quello di far prendere marito a tutte le sue cinque figlie;
    Giovanna, detta Jane, la primogenita molto dolce, che non pensa male di nessuna persona che crede nel vero amore, ma talmente timida da riuscire a malapena a dimostrare il suo affetto per la sorella;
    Elisabetta, chiamata Lizzie, è una ragazza testarda, caparbia e orgogliosa, molto affezionata alla sorella maggiore, e fortemente convinta degli ideali che reputa essenziali per affrontare la vita in società, non sopporta l’imposizione delle persone più forti su quelle più deboli, ed è la preferita del padre appunto per questo suo forte carattere.
    ci sono infine le altre tre sorelle più piccole Maria, Caterina e Lidia, delle tre l’unica che ha voluto avere un’istruzione è Maria mentre le altre due avevano come unico scopo correre dietro al reggimento che per un paio di mesi si è fermato nella cittadina di Meryton, vicino a casa loro.
    Il libro si apre con la signora Bennet che implora il signor Bennet di presentarsi al nuovo gentiluomo che si era trasferito nella cittadina e possibile pretendente per una delle cinque figlie.
    La conoscenza poi con questo gentiluomo signor Bingley, avvenne ad un ballo pubblico, nel quale egli portò le sue due sorelle e il miglior amico signor Darcy.
    Bingley è un uomo dolce quanto Jane e con un carattere con non molta autostima, che si mette sempre in discussione, crede a qualsiasi parola che l’amico signor Darcy con una personalità più forte riferisce a Bingley.
    Subito il signor Bingley si invaghì della primogenita della famiglia Bennet, Jane, con la quale danzò tutta la sera, mentre il signor Darcy, non trovò nessuno nella sala degno di un suo sguardo tanto da arrivare a definire Elisabetta passabile.
    LIzzie trascorsa la serata giudica il signor Darcy un uomo sgradevole, orgoglioso e vanitoso.

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  23. Col il passare del tempo e con le varie occasioni avute per incontrarsi il rapporto tra Jane e il signor BIngley si solidificò a tal punto, che nella famiglia Bennet, tutti pensavano che a giorni egli avrebbe chiesto di sposarla, mentre per il signor Darcy cominciando a parlare almeno un poco con Elisabetta, e riscontrando in lei un carattere forte e diverso da tutte le altre donne, cominciarono a nascere dei sentimenti di curiosità, e di attrazione.
    Elisabetta, però iniziò la conoscenza con un ufficiale il signor Wicham, molto conosciuto anche dal signor Darcy, ma la nascita di questo rapporto irrita e ingelosisce quest’ultimo.
    Improvvisamente, il signor Bignley se ne va da Meryton, senza motivazioni valide, spiazzò Jane che innamorata com’era pensò di essere lei la causa della sua fuga dalla cittadina..
    Elisabetta ottenne poi una proposta di matrimonio dal signor Collins, pastore della cittadina di Hunsford nonché suo cugino e presto erede della casa nella quale vive la sua famiglia, ma Elisabetta declina la proposta e questi sposa la sua migliore amica, la signoina Lucas, che ormai non sperava più di trovare marito ed accetta di sposarlo solo per vantaggi economici, mentre il signor Collins pensava di aver trovato la felicità.
    Su richiesta di Carlotta, Elisabetta va a trovarli ad Hunsford, ed ha pure la possibilità di fare la conoscenza con Lady Caterina De Bough, nobildonna, garante del cugino e vicina di casa.
    Dopo una serie di cene a corte di Lady Caterina, Elisabetta rincontra il signor Darcy, che si dimostra completamente assorto ad Elisabetta, e in un tiepido giorno primaverile, Darcy si dichiara ad Elisabetta.
    Anche questa volta LIzzie declina la proposta e dopo un acceso diverbio sul perché lei rifiutasse di sposare Darcy, sentendosi questo offeso decise di scriverle una lettera per difendersi da tutte le accuse voltegli e per spiegargli certi suoi comportamenti.
    Dopo la lettura Elisabetta rimane sconvolta, e si sente in colpa per averlo giudicato ancor prima di conoscerlo sul serio, e fa ritorno a casa triste e pensierosa.
    Jane che era partita per Londra con gli zii Gardner ora era tornata e dopo un paio di giorni passati a raccontarsi come siano trascorse le vacanze delle due sorelle, apprendono che presto anche la sorella più piccola Lidia, sarebbe partita per Brighton per seguire il reggimento.
    Elisabetta decide di dissuadere il padre dal mandare Lidia a Brighton per via del carattere di lei, e pensando che questa avrebbe potuto creare guai, ma il padre non assecondò Elisabetta.

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  24. Lizzie dopo aver ricevuto una proposta dagli zii di andare a visitare dei laghi nel nord del Derbyshire, accetta con gran gioia.
    Una volta partiti la zia esprime il desiderio di fermarsi a Pemberley, dimora dei Darcy, perché luogo incantevole.
    In un primo momento Elisabetta si dimostra restia, ma dopo accetta e entrata Pemberley si tranquillizza nel sapere che il padrone di casa, il signor Darcy, non c’era.
    Uscendo però se lo trovò di fronte e entrambi spiazzati, con le dovute cortesie si salutarono e Darcy li invitò a pranzo, così nei giorni successivi continuò la frequentazione dei due finché ricevuta una lettera di Jane, nella quale si diceva che Lidia era scappata con il signor Wicham , dovette fare immediatamente ritorno a casa.
    Dopo settimane di accese ricerche trovarono i due fuggitivi, e li fecero sposare.
    E di lì a poco perfino il signor Bingley fece ritorno a Meryton, e andò a trovare subito la famiglia Bennet sempre insieme al suo amico signor Darcy.
    Dopo un primo momento di smarrimento sia per Jane e BIngley, sia per Elisabetta e Darcy, cominciarono a riparlarsi tranquillamente; trascorsa poi una settimana Bingley si dichiarò a Jane che accettò immediatamente, ed essendo riusciti a chiarirsi Elisabetta e Darcy sui vari fraintendimenti, Darcy si dichiarò nuovamente ad Elisabetta, e pure lei che da un pò si stava invaghendo di Darcy accettò.
    Portando così finalmente serenità nella famiglia Bennet.

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  25. Primo Levi, Se questo è un uomo

    “Se questo è un uomo” racconta l’esperienza nel campo di concentramento di Primo Levi, una storia uguale a quella di migliaia di prigionieri strappati come lui dalle proprie case per essere deportati in un campo di concentramento limitrofo ad Auschwitz. Il 13 dicembre 1943 Levi è catturato come partigiano dai fascisti. Essendo anche ebreo, viene rinchiuso in un “campo di smistamento” italiano da dove ,pochi giorni dopo, insieme ad altri novantasei connazionali è spostato nel campo di concentramento di Buna-Monowitz.Nel treno i deportati vivono in condizioni pessime: privi di acqua, cibo e vestiti per ripararsi dal freddo. Una volta scesi dal treno la prima cosa che Levi e i compagni vedono sono due drappelli di uomini che marciano come burattini, camminando tutti allo stesso modo. Ben presto anche Levi e gli altri diventano come loro nel tentativo di adattarsi alle leggi paradossali e apparentemente incomprensibili del campo.
    Subito dopo il loro arrivo i tedeschi si mettono all'opera, umiliando, facendo lavorare duramente e costringendo i prigionieri a sottostare ai loro ordini al fine di privarli del minimo sentore di dignità umana. L'unico modo per sopravvivere consiste nel farsi furbi, rubando e barattando il bottino con camicie, coltelli o qualunque altro genere di prima necessità; ciò di cui si ha bisogno lo si può anche comprare: la “moneta” più diffusa è il proprio rancio: un pezzo di pane raffermo e mezza razione di zuppa acquosa di patate. La poca quantità di cibo rimasta dopo le compravendite non permette però di far recuperare le energie consumate durante il lavoro, dunque spesso i prigionieri deperiscono e si ammalano.
    Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono le selezioni, durante le quali alcune SS passano per le baracche e dopo aver osservato per pochi secondi il fisico dei prigionieri decidono chi debba vivere e chi morire e spesso capita che a morire siano persone sanissime. Sottoposto al duro lavoro, alle leggi, alle privazioni alimentari e al freddo pungente dell’inverno polacco l’autore, qualche volta, stremato per il lavoro o colpito da malattia, ha dei “momenti di respiro”, ricoverandosi nel Ka-Be, ovvero nell'ospedale del campo. Levi risulta essere quasi un prigioniero privilegiato, poiché è scelto per le sue conoscenze nel campo della chimica per lavorare nel laboratorio, al chiuso e al riparo. Dopo circa un anno trascorso da Levi in Buna, l'esercito russo si avvicina, tanto che nel 1944 cominciano i bombardamenti sul campo. I nazisti sono costretti a fuggire portando con sé i prigionieri sani ancora in grado di camminare. Levi ed altri prigionieri, al momento ricoverati per le più disparate cause, non intraprendono la marcia e rimangono in campo. Così per circa dieci giorni, l’autore e due francesi, fanno tutto il possibile per salvare sé stessi e i compagni cucinando e combattendo contro nemici molto più temibili dei tedeschi: il freddo e la malattia. Questa situazione continuerà fino all'arrivo dell'esercito russo, il 27 gennaio 1945.

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  26. Nonostante la sconfitta, i tedeschi riescono lo stesso a distruggere la rispettabilità non solo degli Ebrei, ma anche di tutta l’umanità.
    Nel periodo trascorso in Lager, Levi incontra molte persone: i tedeschi delle SS,il personale del campo, i civili che lavorano nella Buna, gli esaminatori per l’ammissione nel Kommando Chimico. Lui stesso non parla degli altri prigionieri come “persone”, ma li paragona spesso a “vermi senz’anima”, incapaci di pensare e privi della dignità umana.
    Gli Häflinge (“prigionieri”) di cui si parla sono molti e lo stesso personaggio non è menzionato che in una o due occasioni: probabilmente perché molti venivano “mandati in gas” e ritrovarsi nel Lager così vasto era molto complicato.
    Molto presente è la figura di Alberto, amico di Levi, con il quale l’autore condivide le sue esperienze e elabora piani per poter ottenere cibo o vestiti in più. Alberto morirà però nella marcia di evacuazione dal campo.
    Per introdurre l’opera Primo Levi compose una poesia in cui invitava i lettori, nella loro condizione benestante e di tranquillità, a considerare la condizione dell’uomo in Lager e a meditare su di essa, scolpendo questi versi nel loro cuore. Il suo messaggio deve essere trasmesso a tutti, in caso contrario Levi augura agli inadempienti di questa missione il disfacimento della casa, la malattia, il rifiuto e l’abbandono da parte dei figli.
    Nel componimento, dopo aver fatto presente ai lettori della loro condizione serena data per scontata, Levi scrive “Considerate se questo è un uomo/ che lavora nel fango/ che non conosce pace/ che lotta per mezzo pane/ che muore per un sì o per un no”. Da questi versi deriva il titolo del romanzo: è realmente uomo un prigioniero del Lager? Conserva ancora qualche briciola di umanità, dopo essere stato maltrattato, umiliato, obbligato a lavori estenuanti? Oppure rimane solo una creatura priva di dignità? Al lettore il compito di riflettere.
    L’opera pone l’accento su diversi temi, prima di tutti quelli dell’annullamento della dignità umana. Sono presenti nel libro molte riflessioni a riguardo: “Il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; anche in questo luogo si può sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà.” Nel campo i prigionieri perdono la capacità di provare sentimenti e di sentirsi uomini, diventano come degli spettri. All’arrivo con il treno i “viaggiatori” sono accolti da un manipolo di individui inquadrati che marciano “con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe”. Questi sono i prigionieri sui quali il processo di bestializzazione è già stato portato a compimento. Levi capisce che anche lui e i suoi compagni di lì a poco saranno simili a quegli ormai “burattini”.
    Un’altra tematica importante e ricorrente è quella della morte: nel Lager questo tema era all’ordine del giorno. Ogni prigioniero non poteva sapere se il giorno seguente sarebbe stato ancora vivo e molti si erano rassegnati al loro destino. Anche una volta liberato, Levi continua a chiedersi per quale ragione sia scampato alle selezioni e resistito alle condizioni disumane del campo, mentre milioni di persone che hanno vissuto la sua stessa esperienza non sono riusciti a sopravvivere. Quando l’autore venne trovato morto nella sua casa di Torino nel 1987, si pensò subito ad un suicidio, compiuto perché ormai perennemente tormentato dal pensiero di non aver avuto alcun merito speciale per essere riuscito a rimanere in vita dopo la brutale esperienza: il suo destino doveva essere, come quello di tanti altri che aveva conosciuto, di non ritornare a casa dal campo.

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  27. Levi paragona molto spesso la sua esperienza all’Inferno di Dante: in particolare in un capitolo, Il canto di Ulisse, l’autore riporta ad un altro prigioniero i versi della Divina Commedia relativi all’incontro del Sommo Poeta con l’eroe e riesce a trovare affinità tra la sua condizione e quello che viene raccontato nel poema.
    Lo scopo di questo libro è ovviamente lasciare impresso a fuoco nella memoria del lettore il dramma della Shoah. Nell’introduzione, prima Levi esorta ad immaginare un uomo privato di ogni cosa, soprattutto della dignità, a causa della crudeltà di altri non molto diversi da lui; il frutto dell’immaginazione del lettore in questo momento corrisponde alla vera condizione dei prigionieri nei Lager. L’autore chiede che queste sue parole siano scolpite nel cuore e portate sempre con sé, cosicché si possa diffondere il suo messaggio.
    Così è stato per me. Questo libro non è certo fatto per distrarsi o divertirsi, non è acqua fresca nelle giornate estive, un piacevole passatempo. Nonostante la durezza della vicenda, “Se questo è un uomo” non risulta pesante come lettura, ma permette con facilità la riflessione. Avevo già letto questo libro un paio di volte, ma riprenderlo in mano non è mai un’imposizione insostenibile, si rivela anzi un momento di positiva presa di coscienza. Il fine dello scrittore è raggiunto: le parole sono scolpite nel cuore.

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  28. Uno, nessuno e centomila è uno dei romanzi più famosi di Luigi Pirandello.
    Iniziato già nel 1909, uscì solo nel 1926. Questo romanzo chiude la stagione narrativa dell’autore e segna il culmine della riflessione sulla disgregazione del soggetto iniziata con “Il fu Mattia Pascal”; in seguito riesce a sintetizzare il pensiero dell'autore nel modo più completo.
    Pirandello definì “Uno, nessuno, centomila” il romanzo della scomposizione della personalità.
    In effetti l'io non è completamente uno, ma un flusso di percezioni mutevoli, un insieme di frammenti che cambiano di minuto in minuto. Il protagonista Vitangelo Moscarda, infatti, può essere considerato come uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano.
    Moscarda, soprannominato Gengè da parenti e amici, è un uomo agiato perché ha ereditato da giovane la banca del padre che ora ha affidato a due amici di badare ai suoi affari. Un giorno in seguito all'osservazione da parte della moglie, la quale gli dice che il suo naso è leggermente storto verso destra, inizia ad avere una crisi di identità e a rendersi conto che le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa dalla propria. In questo modo le sue riflessioni vengono turbate e s’interrompe quel movimento spontaneo che ordina le idee. Si ha perciò un uomo inghiottito dalla propria ombra. Da quel momento l'obiettivo di Vitangelo sarà quello di scoprire chi è veramente lui e di esprimere la sua personalità nel modo migliore. Decide quindi di cambiare vita, cioè distruggere il suo vecchio io, rinunciando addirittura ad essere un usuraio anche a costo della propria rovina economica e contro il volere della moglie che nel frattempo è andata via di casa. Questa sua decisione lo fa giudicare un folle da tutti. Solo un'amica della moglie, Anna Rosa cerca di farle capire che Vitangelo non era lo sciocco che lei immaginava, ma Gengè con i suoi strambi ragionamenti la confonde al punto che, Anna Rosa, temendo d'impazzire, gli spara due colpi di pistola. Al processo il giudice cerca di dimostrare che Anna Rosa si è difesa dalle attenzioni erotiche di Moscarda, ma la donna confessa la verità; lui però si addossa ogni colpa. Il protagonista arriverà alla follia, farà costruire un ospizio, dove si sentirà libero e vedrà il mondo da un’altra prospettiva.

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  29. Il romanzo comincia da una banale osservazione della moglie, la quale spiega che il marito ha il naso storto e da qui inizia una lunga riflessione da parte del protagonista. Comincia così a porsi la domanda di come lo vedono gli altri, perché in effetti lui non si conosceva affatto. Viveva una vita dove lo conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che gli avevano dato. Esistevano quindi tanti Moscarda quanti erano coloro che lo vedevano e secondo lui questi erano più reali di quanto si vedesse lui. Ad esempio Gengè rappresentava una realtà per la moglie Dida, il quale, anche se creato da lei, aveva dei difetti; infatti la moglie non ama lui ma l’altro lui, cioè quello immaginato da Dida. Il protagonista si sente diviso tra due sentimenti contrari: da un lato non solo il rispetto delle norme e delle convenzioni di vita, ma anche la maschera dell’uomo per convivere con se stesso e con gli altri; e dall’altro un nuovo senso dell’io percepito come esigenza. Secondo il protagonista una realtà non ci fu data e non esiste, ma dobbiamo farcela noi e non sarà mai una per tutti, ma di continuo mutabile. Nel romanzo la coscienza del personaggio di avere riflessioni diverse dagli altri non significa superiorità, al contrario, perdita di ogni controllo sulla realtà, cioè pazzia. Il tentativo appunto di ricorrere alla follia risulta un fallimento perché la volontà di Moscarda di rappresentarsi diverso a uno dei centomila avrebbe alterato in centomila modi diversi le altre sue realtà. Il percorso narrativo si conclude con la negazione di se stesso da parte del protagonista, distruggendo l’individuo cresciuto in lui; perciò non vige più l’ordine dell’io, ma si è esposti all’attimo, al nascere e vivere continuo. Moscarda non voleva più nessun nome, perché secondo lui un nome era solo un epigrafe funeraria, la quale conviene ai morti e non a lui che è ancora vivo.
    Lo scrittore ha saputo trasmettere con grande abilità i sentimenti del protagonista, dato che la forma del linguaggio scelta è quella della quotidianità. Il lettore è proiettato quindi all’interno del racconto. Inoltre, ho apprezzato come il romanzo mi ha spinto a riflettere sulla nostra personalità, al quanto tratta di una situazione che interessa anche gli uomini di oggi. Se pensiamo alla nostra società dobbiamo assumere comportamenti diversi nelle relazioni con gli altri e quindi utilizzare delle maschere che nascondono il nostro stesso io. Molte volte infatti capita anche a noi di chiederci chi siamo veramente e come ci vedono gli altri, ma alla fine non diamo troppo peso a queste riflessioni e le lasciamo entrare ed uscire facilmente dalla nostra vita.

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  30. Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
    In un futuro ed in una società assai remoti esiste ancora il corpo dei vigili del fuoco il quale, a differenza della nostra epoca, ha il compito di appiccare incendi per bruciare qualsiasi libro o manuale che divulgasse conoscenze, perché decretati illegali dal governo. Quest'ultimo infatti obbliga i propri cittadini a istruirsi attraverso le televisioni, interangendo direttamente con programmi e telenovele gestiti, non a caso, dallo Stato stesso. Tutti i cittadini devono seguire regole ferree, le quali rendendo loro la vita frenetica, non danno tempo di pensare a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato. Nell'arma dei vigili del fuoco presta il proprio servizio come pompiere Guy Montag, uomo di ampia esperienza nel proprio mestiere e marito di Miltred, donna senza alcuna emozione e interesse, se non per le enorme pareti di televisione presenti nella loro casa. Al termine di una dura giornata di lavoro, Guy conosce casualmente Clarisse, giovane vicina di casa. Il pompiere nota subito che Clarisse è molto diversa dagli altri ragazzi forse perchè proviene da una famiglia anticonformista. Questa infatti era solita a riunire i propri parenti e a discutere tra loro senza ricorrere all' intrattenimento della televisione. Una domanda postagli da Clarisse, durante una breve chiacchierata, fa cambiare radicalmente la vita a Montag: “Tu, Guy Montag, sei felice?”. Il pompiere trascorse varie notti a pensare quale fosse la vera risposta a questo dilemma. Egli si rese conto che ogni giorno si occupava di garantire un sistema che non approvava più e che lo obbligava a compiere atti spregevoli . Montag alcuni giorni prima aveva dovuto bruciare viva un' anziana signora, la quale non voleva privarsi dei suoi libri. Egli aveva la necessità di evadere e di infrangere la legge. Per questo decise di salvare e nascondere alcuni libri, per poi leggere e analizzare loro di nascosto con il suo amico professore Fabicer. Montag scoprì un mondo affascinante, dove nessuna tecnologia avrebbe potuto mai penetrare o sconfiggere. Durante una serata tra Miltred e le sue amiche, Montag decise di leggere loro una poesia da un suo libro perchè infastidito dall'avidità, menzogna e felicità, intesa come felicità materiale, a cui esse aspiravano. Le donne rimasero traumatizzate per le possibili ripercussioni del gesto appena compiuto dal pompiere, cosicché la stessa Miltred decise di abbandonare il giorno seguente suo marito e porgere denuncia ai vigili del fuoco riguardo a tutto ciò appena accaduto. Montag rimarrà traumatizzato quando scoprirà che dovrà bruciare la sua casa, tanto che, accecato dall'ira, ucciderà tutti i suoi colleghi. Si scatenerà così un inseguimento della polizia nei confronti del pluriomicida Montag. Quest'ultimo, sotto consigli del suo amico Fabicer, riuscirà a seminare i suoi inseguitori e a rifugiarsi presso un rifugio segreto di ex-professori. Essi avevano da poco inventato una sofisticata tecnologia in grado di riscrivere interamente i libri grazie ai ricordi di chiunque avesse letto quell'opera. Essi, in futuro, diventeranno quindi i promotori e i guardiani della conoscenza. Il libro termina con lo scoppio di una guerra la quale raderà al suolo la città di Montag ed eliminerà tutti i suoi cari.

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    1. Leggere questo libro è stata per me un occasione per confrontare la nostra società con quella tristissima e ingiusta descritta nel racconto. Secondo il mio punto di vista si tratta di due realtà che in questo periodo storico viaggiano ancora parallele tra loro, in quanto intravedo pochissime analogie in comune. Per molti funzionari politici la società descritta in questo romanzo sarebbe la via migliore per governare un paese, nel quale ai cittadini non è possibile opporsi.. Per questo è utile che i cittadini siano sempre partecipi alla politica del proprio Stato, in modo da impedire l’entrata in vigore di leggi o regole ingiuste. infatti il carattere di Montag è un esempio per tutti da seguire. egli è stato l’unico cittadino ad aver coraggio, in seguito ad un’accurata valutazione e presa visione di varie documenti storici, di criticare e ribellarsi al sistema.

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  31. Il processo di kafka
    In un luogo e tempo indefinito viveva Joseph K., giovane procuratore finanziario di una delle principali banche dell’epoca. il giorno del suo trentesimo compleanno, Joseph si risvegliò con una spiacevolissima sorpresa. infatti tre poliziotti attendevano, dalla porta d’ entrata del suo appartamento, per annunciargli il suo arresto. Joseph poteva comunque andare a lavoro e svolgere le sue attività perché si trovava in libertà provvisoria. i poliziotti non dissero il motivo di questo arresto, tantoché Joseph lo ritené uno scherzo. Egli però doveva attendere ordini dal tribunale perché il suo crimine aveva avviato un processo penale. Joseph ricevette nei giorni seguenti una lettera di convocazione per la prima fase del processo. Egli arrivò in ritardo all’udienza, dove un giudice istruttore e una folla immensa di persone lo attendevano. Senza sapere di che cosa fosse accusato, Joseph prese la parola e accusò il sistema giudiziario e tutti i funzionari di cui facevano parte. Inoltre l’accusato notò che si trattava di un tribunale dove il mal costume regnava, dato che in fondo alla stanza una coppia consumava un rapporto sessuale. La settimana successiva Joseph si recò allo stesso modo al tribunale, nonostante non avesse ricevuto nessuna convocazione. Lo accolse la moglie dell’usciere, la quale affascinata dalla stima che l’uomo aveva in sé, lo provò a sedurre offrendogli inoltre un aiuto nel processo. Lo zio di Joseph, venuto a sapere della minaccia del processo e dell’indifferenza che il nipote provava verso ogni conseguenza del procedimento, decise di aiutare il ragazzo procurandogli un avvocato, Huld. Quest’ultimo capì che Joseph si trovava di una situazione gravissima, in quanto la sentenza del tribunale si trattava di qualcosa di imprevedibile e spesso molto drastica. inoltre in questo caso era difficilissimo compiere una memoria, cioè un atto che tutelasse l’imputato. intanto Joseph trovava sempre meno produttivo anche a lavoro, perchè rattristato e in ansia per il risultato del processo. Un cliente della banca, vedendo il morale basso di Joseph, decise di aiutarlo indicandoli un pittore che in passato aveva subito lo stesso processo. Joseph si recò immediatamente ma ricevette soltanto pessime notizie. infatti da questi tipi di processi nessuno è stato mai assolto e l’unica soluzione per avere esiti positivi da tutto ciò è di corrompere i giudici. Il giorno seguente Joseph decise di recarsi dal suo avvocato Huld per revocargli il mandato di rappresentanza e quindi assumere in pieno il controllo del suo processo. Nei giorni successivi la banca diede il compito a Joseph di accompagnare un cliente italiano ad una visita turistica della cattedrale di Praga. Mentre attendeva il cliente, Joseph conocque il sacerdote della chiesa, il quale sapendo che egli si trovava coinvolto in un processo, gli raccontò una parabola sulla giustizia. Il giorno del trentunesimo compleanno Joseph venne rapito da due uomini e infine giustiziato. Il finale di questo libro mi ha lasciato molto amareggiato. Infatti non mi sarei mai aspettato che il romanzo si potesse concludere così drasticamente e senza nessuna motivazione. Per questo motivo non suggerirei mai la lettura di questo libro. inoltre lo stile dell’autore non convince pienamente. infatti la sua ossessione nel descrivere ogni fatto e luogo disorienta a annoia il lettore. Probabilmente egli nel racconto vuole trasmettere le stesse sensazioni del protagonista, soggetto che non può difendersi dalla realtà e non può cambiare l’esito degli avvenimenti. Inoltre il procedimento del processo, è molto distante dai nostri giorni e per questo è molto difficile seguire il suo filo logico.

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  32. IL VECCHIO E IL MARE di ERNEST HEMINGWAY
    Il libro in questione è ambientato a Cuba, e racconta le gesta, purtroppo assai negative, di un anziano pescatore di nome Santiago ed il suo giovane aiutante Manolin. Dopo quaranta giorni, senza che non sia mai stato pescato un pesce, i genitori di Manolin gli dicono di abbandonare Santiago ed egli, ascoltando i consigli dei genitori, salpa da solo, ottenendo ottimi risultati dalla pesca. Nel frattempo il Vecchio, stanco di tornare al molo senza mai un pesce, decide di spingersi al largo per cercare quella fortuna che tanto lo aveva abbandonato in quei lunghissimi ottantaquattro giorni. Ma in quasto caso la fortuna fu dalla sua parte, perché infatti riuscì a pescare un gigantesco marlin; questo scontro durò 3 giorni, nei quali all’inizio il marlin non ne voleva sapere di volersi arrendere, spingendo addiritura la barca a largo, ma , in seguito, dovette arrendersi al coraggioso Santiago. Agganciato il pesce alla barco, il Vecchio si diresse verso il molo, ma è proprio qui che una schiera di pescecani divorarono il marli. Arrivato a destinazione, Santiago si accorge che di quell’enorme pesce che aveva pescato, non ne rimane niente e quindi ritorna a casa nuovamente a casa a mani vuote.
    Il tema centrale del racconto è il coraggio, di cui ne è ben dotato Santiago ed il marlin; coraggio nel marlin perché non ne vuole sapere di arrendersi e quindi lotta anche se sa che sarà sconfitto; coraggio in Santiago perchèha voluto spingersi al largo, ha osato, voleva, per una volta, avere la meglio lui, e non le sue prede. L’altro tema è quello che la natura ha la meglio sempre sull’uomo; infatti, alla fine gli squali ( la natura ) riescono a sconfiggere santiago, divorando il suo trofeo, ed egli ( l’uomo ) dinanzi alla natura non può che inginocchuarsi.
    Ho scelto Il vecchio e il mare perché ho voluto alternare la latteratura estera( infatti Hemingway è statunitense) alla letteratura italiana. Credo che, dal mio punto di vista, sia stata una scelta più che azzeccata, perché è un libro con una sintassi per nulla complicata, di breve durata ed arricchito dal fatto che Hemingway arrivi al punto centrale di ogni scena, di ogni dialogo senza troppo deviazioni.

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  33. La luna e i falò – Cesare Pavese
    Questo libro riporta il racconto di un uomo il quale dopo decenni torna nel suo paese natio, nella campagna ligure, e qui attraverso vari flashback ricorda la sua infanzia. Il periodo in cui è ambientato è quello seguente la seconda guerra mondiale. Del protagonista non si sa molto oltre l’età (quarant’anni), il soprannome che gli era stato dato da piccolo (Anguilla), che è un trovatello accolto nella casa di un contadino il quale lo ha preso con se come aiutante e per poter ottenere il sussidio dato dall’ospedale e che, diventato maggiorenne, si è deciso ad abbandonare il piccolo paese dove viveva per andare alla scoperta del mondo, partendo da Genova e finendo il suo percorso in America. Tornato a casa incontra Nuto, un uomo il quale da giovane era stato per lui un grande amico e fonte di ispirazione. Nuto è un personaggio riflessivo, insoddisfatto di come il mondo si sta evolvendo e che ama l’idea che un giorno le cose possano cambiare. L’intero racconto si svolge come un dialogo di più giorni tra Nuto e Anguilla, intervallato da descrizioni, ragionamenti del protagonista e sue escursioni da solo nei luoghi della sua infanzia. Il libro termina con un flashback di Nuto nel quale racconta la condanna e l’uccisione, durante la guerra, della figlia minore del signorotto del luogo la quale vendeva informazioni a chiunque avesse un briciolo di potere.

    Libro corto e veloce da leggere, chiaro e piacevole. All’interno dei flashback e dei racconti l’autore inserisce vari ragionamenti sia di Nuto che di Anguilla i quali si ricollegano tutti al filo conduttore della storia cioè la convinzione che alla fine di lunghi viaggi sia inevitabile rendersi conto che non c’è poi così tanta differenza tra quello a cui si è abituati alla partenza e quello che si vede lungo il viaggio, che persone oneste ce ne sono ovunque, come persone malvagie e doppiogiochiste; cambiano i luoghi, alcune volte le mode, ma ricchezza e povertà, fame, abbondanza e abuso sono gli stessi in tutto il mondo. La lettura è stata molto piacevole in quanto insieme al filo conduttore del testo c’è un altro ragionamento sul quale il protagonista si sofferma spesso e che è a me molto caro: il fatto che ci sono degli odori, dei sapori, dei suoni e delle sensazioni in mezzo alle quali si cresce, con i quali si crea un legame profondo e solido il quale segna perennemente la vita di una persona e che è difficilmente sostituibile, qualsiasi siano i nuovi luoghi e le nuove sensazioni con cui si entra in contatto durante la propria vita.

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  35. Orgoglio e pregiudizio - Jane Austen
    Orgoglio e pregiudizio, scritto da Jane Austen a fine settecento e pubblicato nel 1813, potrebbe essere definito un romanzo rosa ma dietro ciò si nasconde una critica alla società inglese dell’epoca: usi e costumi, soprattutto in fatto di matrimoni, e ripropone una visione rivoluzionaria.
    In un Inghilterra settecentesca si intrecciano le vicende delle sorelle Bennet: Lydia, la più piccola ma più esuberante tra le sorelle, si caccia nei guai fuggendo con il soldato Wickham e poi sposandolo, peggiorando così la reputazione della famiglia; Kitty, incapace di agire a modo suo, segue Lydia in tutti i suoi pasticci; Mary, ragazza pedante volta totalmente allo studio; Elizabeth, la nostra protagonista, testarda ma cortese sfida le convenzioni dell’epoca e segue le scelte dettate dai sentimenti, così pure la bella e buona Jane, maggiore tra le sorelle. Il signor e la signora Bennet sono agli antipodi, il primo ironico intelligente, mentre la seconda superficiale e sciocca. Altri ruoli importanti vengono rivestiti: dal signor Collins, cugino delle signorine Bennet, laico con l’unico scopo di maritarsi ed elogiare Lady Chaterine; e da quest’ultima, che cercherà di impedire in tutti i modi il fidanzamento tra Elizabeth e Darcy, già destinato a un matrimonio combinato. Infine il signor Bingley, amico intimo di Darcy, innamorato di Jane.
    Al centro della romanzo si intreccia una storia d’amore tra due giovani provenienti da classi sociali differenti: Elizabeth, proveniente da famiglia borghese; e il signor Darcy, di nobile stirpe.
    Un amore che inciampa più volte sull’orgoglio, caratteristico della classe nobiliare; e sul pregiudizio: Elizabeth, basa il suo giudizio nei confronti di Darcy su voci infondate e su una prima impressione negativa; mentre Darcy, interpretata la condotta della signora Bennet e delle figlie minori frivola e sgarbata e trae conclusioni affrettate anche sul resto della famiglia.
    Il romanzo finisce con un lieto fine, Jane e Bingley si fidanzano e così pure Elizabeth e Darcy.
    Questo è uno di quei libri che vale la pena leggere più di una volta, non unicamente per la storia romantica, ma per lo stile della scrittrice, per il suo modo di rappresentare la società e il carattere forte di Elizabeth, vista quasi come un’eroina contro le usanze del tempo.

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  36. Se questo è un uomo – Primo Levi
    “ Se questo è un uomo “ pubblicato nel 1947, è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, tra il Febbraio 1944 e il Gennaio 1945 nel Lager di Auschwitz, in Polonia. L’autore e protagonista del romanzo, Primo Levi, di origini ebree e soggetto alle leggi razziali italiane racconta che all’età di 24 anni, nel 1943 fu catturato dalla Milizia fascista e in seguito trasportato in treno, in condizioni disumane nel campo di concentramento di Auschwitz, un nome fino ad allora privo di significato. Arrivati a destinazione i deportati, vennero in un primo momento suddivisi in base al sesso, all’età e alle condizioni di salute e successivamente lavati e rasati e infine ad ognuno dei prigionieri, chiamati Häftling venne tatuato un numero di riconoscimento sul braccio sinistro, che costituì la loro nuova identità. Levi comprende fin dall’inizio che l’unica soluzione per poter sopravvivere all’interno del Lager è quella di rispettare sempre le regole impartite dalle SS e di lavorare duramente sopportando la fame, la sete, la fatica, il freddo e il caldo. Tutto questo per potersi forse garantire in un futuro un’esistenza, come è scritto nella porta che accoglie i prigionieri “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. A loro viene negato qualsiasi diritto umano e ogni giorno che passa potrebbe essere l’ultimo perché la morte, che li accompagna in ogni situazione è il destino della maggior parte degli Häftlinge. La selezione era semplice: ogni prigioniero doveva correre da una parte all’altra del campo di concentramento e la sorte di ognuno veniva decisa dai funzionari delle SS in relazione alle condizioni fisiche. Grazie alla professione come chimico, Primo Levi fu uno tra i pochi che riuscì a guadagnarsi una possibilità di sopravvivenza lottando ogni giorno tra la vita e la morte. Insieme agli altri sopravvissuti si aiutarono reciprocamente per procurarsi cibo a sufficienza e legna per combattere il freddo dell’inverno e per aiutare i compagni malati.

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  37. E’ incredibile come ogni situazione raccontata dal protagonista sia realmente accaduta e come sia riuscito a descrivere e a trasmettere al lettore nei minimi dettagli i diversi sentimenti di abbandono, paura e disperazione che lo hanno accompagnato nell’esperienza del Lager. E’ stato difficile immedesimarsi nelle situazioni narrate e ancora di più immaginarsi le terribili scene descritte ed inoltre pensare che questi prigionieri furono paragonati, trattati e sfruttati come bestie, o forse anche peggio. L’introduzione del romanzo avviene tramite la composizione di una poesia, scritta dall’autore, con lo scopo di anticipare al lettore le condizioni disumane di ogni Häftling, “che lavora nel fango/ che non conosce pace/ che lotta per mezzo pane”. Levi scrive anche di scolpire le parole dei suoi racconti nei nostri cuori e ripeterle ai nostri figli, con lo scopo di tramandarle di generazione in generazione per rendere partecipi tutti e ricordare e meditare su ciò che è successo. Il libro quindi è stato scritto come bisogno di liberazione interiore e come necessità di comunicare all’umanità la drammatica esperienza vissuta. Ne consegue quindi uno stile semplice e diretto. Una delle tematiche principali trattate è la dignità umana. Una parola che man mano che i giorni trascorrevano iniziò a perdere progressivamente il significato: uomini che in un solo attimo furono privati della propria abitazione, dei parenti più cari e stretti; uomini ai quali furono tolti addirittura gli abiti, le scarpe e infine persino i capelli. “Condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile” scrive Levi per esprimere lo sconforto e pensa che se parlassero, non verrebbero ascoltati. E così fu. Crede che “Più giù di così non si può andare” e che gli toglieranno anche il nome. E così è stato. Furono battezzati con un marchio tatuato sul braccio sinistro che indicava l’epoca di ingresso al campo, la nazionalità e il Block in cui si era arruolati. Un’altra tematica fondamentale, che accompagna ogni pagina del libro, è la morte, il crudele destino che ha visto come protagonisti milioni di prigionieri. Una morte che si rivela in alcuni casi ingiusta, perché spesso a morire erano persone sane e la sorte veniva deliberata dalle SS, che quando passavano nelle baracche osservavano per alcuni secondi il fisico dei prigionieri e decidevano il destino di ognuno. Per altri aspetti però, la morte poteva svelarsi come un simbolo di rassegnazione per porre fine a ogni dolore subito. Ogni giorno poteva essere quindi l’ultimo per i prigionieri che non sapevano cosa gli sarebbe capitato l’indomani. E’ un libro che fa riflettere e che crea anche momenti di suspense e tensione, perché pagina dopo pagina la storia si fa sempre più intensa, le scene raccontante diventano sempre più strazianti, facendo preoccupare il lettore che vuole sapere come si conclude il libro.

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  38. Il vecchio e il mare – Ernest Hemingway
    Questo romanzo narra la storia di un vecchio pescatore cubano , Santiago, il quale da due mesi e mezzo non riesce a catturare nemmeno un pesce.
    I genitori del suo apprendista, il giovane Manolin, vogliono affidare il figlio a pescatori più esperti con i quali pescherà fin da subito molti pesci.
    Senza un aiutante giovane, Santiago stabilisce di uscire in mare aperto da solo con la speranza di catturare una preda di ottime dimensioni.
    Così facendo il vecchio si dirige distante dalla costa e dopo il lungo viaggio cala le lenze in acqua.
    Successivamente una lenza subisce un forte colpo e il vecchio comprende subito che si tratta di un pesce enorme. Infatti Santiago impugna la lenza e cerca di recuperare ma dopo molteplici tentativi realizza che il metodo migliore per pescarlo sia farlo nuotare fino allo sfinimento.
    Durante la battaglia il vecchio ha la possibilità di osservare l’enorme avversario tutte le volte che salta maestoso fuori dall’acqua. Si tratta di un Marlin (creatura simile ad un pesce spada) il quale possiede una forza in grado di spostare la barchetta di Santiago.
    I due stanno a lottare in mezzo al mare per circa tre giorni affinché il pescatore ormai senza forze riesce a vincere contro il Marlin, il quale ha una dimensione che misura quasi il doppio della barca di Santiago.
    Il vecchio non riuscendo a disporre il pesce sopra la barca è costretto a trainarlo in acqua.
    Durante il tragitto per tornare al villaggio, alcuni squali si cibano del Marlin pescato da Santiago, il quale prova a scacciarli ma ormai si rende conto che l’insieme delle sue fatiche è servito solamente per offrire una cena a degli approfittatori.
    Tornato a casa, arrabbiato con se stesso e stremato si addormenta.
    Il giorno dopo una folla di pescatori si riunisce per ammirare l’enorme preda catturata da Santiago.
    Manolin preoccupato si dirige a casa del vecchio portandogli un paio di giornali e un caffè e successivamente i due decidono di tornare ad essere compagni di pesca.

    Ritengo che “Il vecchio e il mare” sia un romanzo fantastico poiché ha una trama semplice, avventurosa, geniale e che tiene il fiato sospeso fino alla fine.
    Inoltre penso che venga gradita la lettura di tutti coloro che come il sottoscritto sono appassionati di pesca poiché c’è la presenza di un tema importante: il coraggio di affrontare la natura per sopravvivere.
    L’autore loda la dignità ,il coraggio e l’eroismo di chi non si arrende, nonostante la presenza di eventi drammatici.
    L’esaltazione di questi valori mi ha compiaciuto molto.

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  39. “Uno, Nessuno e Centomila” è un romanzo scritto da Luigi Pirandello che racconta la storia di Vitangelo Moscarda, un benestante il quale conduceva una vita tranquilla, ma proprio nella sua quiete scoppiò improvvisamente il dramma della follia.
    Un giorno la moglie Dida lo vide per caso indugiare davanti allo specchio mentre si guardava le narici, e gli chiese se invece stava guardando da che parte gli pendeva il naso: questa insignificante rivelazione mise subito in moto un complesso di pensieri, che lo avrebbero condotto alla follia. Vitangelo realizzò che la moglie, i compaesani, gli amici, i dipendenti lo vedevano tutti in modo diverso.
    La curiosità di conoscere se stesso e la impossibilità di trovare la verità iniziarono a turbarlo.
    Egli cominciò a comportarsi da squilibrato, maltrattava ed offendeva i suoi amici, i dipendenti e la moglie, e voleva liquidare la banca e disporre a suo piacimento di tutto il denaro in essa investito, ma questo sforzo di voler dimostrare agli altri quello che egli credeva di essere lo porterà alla rovina completa e ad una serie di incomprensioni. Si riduce infatti a parlare con la sua cagnetta, col sospettare dei suoi dipendenti allontanandoli da lui e con lo screditare la sua banca: crede di essere UNO.
    Al posto di Dida compare anche un’ altra donna, la quale ha di Moscarda un’ altra immagine, e crede di vedere in lui un suo spasimante; perciò mentre ha tutti contro, lei gli vuole essere vicina e cerca di aiutarlo con l’intervento di Monsignor Vescovo.
    Ad un tratto le cade di mano la borsetta e le parte un colpo che la ferisce al piede. Vitangelo si incarica di portarla a casa e di farla curare.
    Con la vicinanza alla donna viene di nuovo compromesso ma questa volta in modo definitivo davanti a tutti, quindi Vitangelo è costretto ad affidarsi all’aiuto del canonico Sclepis il quale lo porterà a compiere un atto di contrizione cristiana per tutte le sue folli e deplorevoli colpe, dando inizio alla costruzione di un ospizio di mendicità.
    Senza più alcun interesse veramente suo, come se la sua vita fosse cosa non sua, cosa degli altri, ridotto a povero, sperduto fra tanti, senza nome, senza personalità, diventa NESSUNO, ma libero e rassegnato di tutte le sue angosce.
    Secondo me il romanzo è monotono e abbastanza pesante e non si riesce sempre a seguirlo con piacere, e a ciò contribuisce anche la forma con cui è stato scritto da Pirandello.
    C’è un eccesso di riflessione, ma il continuo ritorno ai centomila aspetti di Moscarda rende chiaro il pensiero dell’ opera: il messaggio del romanzo è quello di riconoscere che l’uomo è UNO, cioè chi crede di essere; NESSUNO perché non è mai riuscito a riconoscersi nella forma che gli altri gli danno; CENTOMILA, cioè tutte le forme che gli vengono attribuite dalle persone che lo avvicinano.

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  41. Il vecchio e il mare – Ernest Hemingway
    Santiago, un vecchio pescatore magro e con rughe profonde alla nuca, pescava da solo in una barca a vela nella Corrente del Golfo da ottantaquattro giorni, dei quali nei primi quaranta lo aveva accompagnato un ragazzo, Manolin. Tuttavia, a causa dei scarsi risultati, i genitori del ragazzo lo costrinsero ad abbandonare il vecchio e a trasferirsi in un’altra barca che aveva più fortuna, dove avrebbe ottenuto risultati migliori. Una sera, il vecchio decise che all’alba dell’indomani si sarebbe diretto al largo dell’Oceano Atlantico nella speranza di pescare qualche pesce. Una volta allontanatosi dall’imboccatura del porto, gettò le esche e, continuando a remare con regolarità si fece trasportare dalla corrente. Non vedeva più il verde della terraferma, il mare era molto scuro e il sole splendeva in alto nel cielo. In seguito a vani tentativi, ad un tratto un grosso marlin iniziò ad abboccare l’amo, mangiando le sardine. Era molto pesante da tirare su: Santiago non riuscì a resistere alla pressione e, la barca fu lentamente trasportata sull’acqua calma in direzione nord-ovest. Solo e preoccupato, vedendo che la terraferma era scomparsa, si lasciò trasportare dal pesce abboccato e pensava che avrebbe avuto un valore elevato se la carne fosse buona. Dopo tre lunghi giorni di lotta, il vecchio, con le mani sanguinanti per la fatica, si sentiva debole e nauseato. Alla fine riuscì ad avere la meglio, catturando il marlin. Lo legò alla prua e a poppa e al banco centrale, per fare in modo che rimanesse ben fermo. Non riusciva a realizzare ciò che era successo e pensava che tutto questo fosse solo un sogno. Purtroppo però la felicità durò ben poco, perché durante il viaggio di ritorno, la preda venne continuamente azzannata e divorata dai pescecani. Ormai, avendo perso tutte le forze e non riuscendo più a difendere il marlin, fu sconfitto. Quando rientrò, l’amico Manolin si prese cura di Santiago e decise che da qual momento avrebbe disubbidito ai genitori per pescare insieme al vecchio nella speranza di portargli fortuna.
    Il romanzo presenta una trama semplice, lineare e scorrevole. Ho apprezzato il coraggio che Santiago ha avuto, di allontanarsi da solo per avventurarsi al largo dell’Atlantico, nonostante l’età e le precarie condizioni fisiche. Pur essendo stato sconfitto per l’ennesima volta, ho stimato il protagonista, in quanto non si è arreso e non ha rinunciato alla propria passione della pesca, ma ha continuato a crederci fino in fondo, avendo fiducia ed essendo orgoglioso di ciò che era riuscito a compiere, nonostante ormai avesse perso ogni speranza. Dalla lettura si può quindi imparare di non fermarsi alla prima sconfitta, ma di lottare e sperare, superando gli ostacoli per raggiungere i propri obiettivi e le proprie passioni.

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  42. Uno, nessuno e centomila - Luigi Pirandello

    Vitangelo Moscarda è un usuraio che conduce una normale vita agiata nella città di Richieri. Tutto cambia in seguito a un osservazione della moglie sul suo naso, che pende leggermente verso destra; a questo segue l’elenco di altri piccoli difetti dei quali il protagonista non si era mai accorto, che causano il sorgere di una crisi d’identità.
    Si fissa infatti in lui il pensiero di non essere, per gli altri, quello che ha sempre creduto di essere per se stesso. Cerca quindi di distruggere l’immagine falsa che gli amici, la moglie, i parenti avevano di quel loro Gengè (questo il suo soprannome), compiendo azioni del tutto estranee e stravaganti ai loro occhi: decide di liquidare la banca del padre, è vittima di scatti d’ira, pronuncia strani discorsi, sfratta una famiglia sotto la pioggia per poi regalargli una delle sue case. Questi improvvisi cambiamenti lo fanno apparire pazzo, al punto da indurli ad allontanarsi. Solamente un’amica della moglie, Anna Rosa, gli rimane fedele in un primo momento: impaurita poi dai ragionamenti e dai discorsi di Moscarda arriva al punto di tentare di ucciderlo sparandogli due colpi e ferendolo gravemente. A questo punto il canonico Sclepis lo incita a donare tutti i suoi averi ai poveri e a costruire un ospizio di mendicità in campagna, nel quale si ritira e dove trova pace nella natura, considerandosi un nessuno, senza più nemmeno un nome.

    “Uno, nessuno e centomila” è uno dei romanzi più famosi, nonché capolavoro, di Luigi Pirandello. Vitangelo Moscarda è dotato di una ricca e complessa personalità: il romanzo si sviluppa infatti per lo più su fili di pensieri e riflessioni condotti dal protagonista durante la sua crisi d’identità.

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    1. Importanti sono i ragionamenti in merito alla realtà oggettiva e relativa: la realtà è la forma che ognuno da a se stesso, agli altri e alle cose. In base a questa affermazione si può quindi dedurre che ognuno percepisce una propria realtà, differente da tutte quelle delle altre persone. Vitangelo Moscarda è uno per se stesso, ma è centomila Moscarda o Gengé diversi a seconda di quante e quali persone lo vedono, poiché queste persone hanno un’immagine propria di lui. Ed è dopo questa realizzazione che capisce quindi che lui è nessuno, e alla ricerca del suo vero Io decide di distruggere tutte le immagini che moglie, amici, parenti hanno di lui, passando per pazzo a causa degli improvvisi cambi di comportamento.
      È curioso come addirittura, in uno dei capitoli del libro, il protagonista giunga al punto di essere geloso di se: afferma che la moglie Dida l’aveva sostituito con un Gengè che si era costruita da sola, completamente diverso quello che lui credeva di essere. Essa quindi baciava e compieva atti d’amore con un uomo che non era lui, ma con un altro uomo, che esisteva nella sua realtà.
      Un’altra importante riflessione è quella secondo la quale noi non possiamo vederci vivere: negli atti della nostra vita non possiamo infatti vederci come ci vedono gli altri, e se proviamo a metterci davanti ad uno specchio qualsiasi spontaneità finisce, ogni gesto ci appare fittizio. Per questo il protagonista si sente estraneo a se stesso, un nessuno. Alla fine del romanzo Moscarda trova pace e serenità dalla fusione con la natura, nella campagna dove è stato costruito l’ospizio per mendicanti. Qui si sente uno spirito libero e fresco e si abbandona al flusso della vita, accettando di non essere: l’unico modo per vivere veramente.
      “Muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non piú in me, ma in ogni cosa fuori.”

      Romanzo molto profondo e riflessivo, geniale. È incredibile come Pirandello riesca a dare uno spessore tale al protagonista, e incredibili sono i ragionamenti e i concetti impressi in queste poche pagine: il flusso della vita, la realtà oggettiva e relativa, altre questioni di carattere sociale e psicologico. La lettura è scorrevole, le frasi sono ricche di aggettivi e figure retoriche e articolate in modo da rendere il tutto semplice, coinvolgente, sublime. In alcuni punti lo stile diventa addirittura sensuale (nella scena in cui Anna Rosa spara a Moscarda). Capolavoro indiscusso.

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  43. Ray Bradbury, Fahrenheit 451
    451°F, la temperatura a cui, secondo Bradbury, la carta si accende. E brucia. In un futuro imprecisato, non è più lecito conservare o sfogliare libri. Tutti i testi esistenti sono stati eliminati e, qualora dei sovversivi si ostinassero ancora a tenerne nascoste delle copie, la squadra dei vigili del fuoco-incendiari provvederebbe alla loro distruzione. Le abitazioni vengono ora costruite in materiale ignifugo, per bruciare i libri senza arrecare danni ad altre cose o persone basta quindi evacuare le case per poi aprire il fuoco sulla struttura.
    Guy Montag lavora nella squadra dei pompieri, certo della funzione morale del suo compito. Mai si è domandato per quale motivo i libri debbano essere eliminati, cosa raccontano, se i pompieri, in un tempo lontano, fossero stati addetti all’estinzione dei roghi e non al loro inizio.
    La sua vita cambia in seguito all’incontro con Clarisse, la vicina di casa diciassettenne, che si dimostra diversa dagli altri conosciuti in precedenza da Montag. I familiari di Clarisse non possiedono il televisore e passano il tempo non ad ascoltare i freddi schermi, bensì confrontandosi tra di loro. Sono una famiglia felice, nella loro condizione di strani, differenti. Diametralmente opposta è la famiglia di Montag, composta unicamente da lui e da sua moglie Mildred. La donna non ha voluto avere figli, passa le sue giornate nel salotto circondato da schermi televisivi, che trasmettono, quasi in videoconferenza, individui che lei chiama “la mia famiglia”. Tra i due coniugi non c’è né contatto né dialogo: lui sempre dedito al suo lavoro distruttore, lei impegnata nell’irreale rapporto con “la famiglia”. Montag si accorge di non sapere nulla riguardo a sua moglie, di non conoscerla veramente come dovrebbe; non ricorda il momento in cui si sono conosciuti e non è in grado di aiutarla nel guarire la sua depressione, tanto che la donna arriva a rischiare volutamente la morte per aver assunto una quantità eccessiva di sonniferi.
    L’incontro con Clarisse fa risvegliare il pompiere dalla sua condizione di vita sconveniente e inconsapevole. Egli prova uno strano desiderio di scoprire cosa è raccontato nei libri e comincia a sottrarne qualcuno ogni volta che interviene con la squadra del fuoco per una denuncia. Continua però a pensare alle possibili conseguenze del suo gesto, e chiede al suo capo Beatty fino a che punto è possibile per un milite del fuoco tenere dei libri. Egli, che già nutre sospetti nei confronti di Montag, lo assicura che nel loro lavoro è normale vivere un periodo di continui interrogativi sulla giustizia che mettono in atto. È permesso quindi leggerne uno per un massimo di 24 ore, per poi restituirlo in caserma. Beatty lo rassicura ch nei libri non è scritto nulla di importante: racconti di finzione, favole, versi incomprensibili e criptici, storia antica; il Governo ha vietato al popolo la lettura per preservarli dalla tristezza e dalla malinconia che la lettura (o meglio la conoscenza) provoca.
    Montag però ha già conservato molti libri e per molto tempo. Finalmente decide di confidarsi con la moglie e di iniziare insieme la lettura. Lei non risulta ovviamente interessata, ed egli si ricorda in quel momento di un vecchio professore conosciuto tempo prima, Faber. L’uomo aveva dato a Montag il suo indirizzo: egli lo va a trovare, sicuro che lo potrà aiutare. I due decidono di entrare in contatto con un vecchio amico del professore, tipografo, per stampare nuove copie dei libri che ancora conservano prima che questi vengano bruciati.

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    1. Intanto però Mildred ha denunciato il marito per possesso di libri. La casa di Montag viene data alle fiamme e, per qualche strano motivo, il rivestimento antincendio cede lasciando spazio solo ad un cumulo di macerie. L’ex-incendiario per la rabbia rivolge il lanciafiamme verso il capo Beatty, massacrandolo, e verso il Segugio meccanico incaricato di eliminarlo. Scappa poi lungo il fiume verso una comunità di letterati vagabondi che gli era stata indicata da Faber. Il gruppo di reietti si incammina verso la città, appena colpita da un ordigno nucleare, in seguito all’inizio della guerra.

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    2. L’estate scorsa, per scelta personale, ebbi il mio primo incontro con il romanzo di distopia. Decisi di leggere 1984 di George Orwell, attirata dal modo di immaginare e descrivere la politica, la società e l’economia in un possibile futuro post-apocalittico. Ero quindi curiosa quest’anno di scoprire un’altra concezione di mondo fantascientifico. Ne sono rimasta soddisfatta del tutto: per i temi trattati, il linguaggio, la caratterizzazione dei personaggi e lo svolgersi della vicenda.
      Secondo Bradbury, in seguito a due guerre atomiche dopo il 1960, il Governo degli Stati Uniti D’America (e forse anche il resto del mondo) ha deciso di mettere al bando ogni tipo di informazione stampata. I libri, i quotidiani e la lettura in generale avevano provocato il diffondersi delle più disparate idee, creando innumerevoli conflitti più o meno gravi, tra vicini di casa come tra nazioni nemiche. Per mettere fine a questi scontri, non è più possibile la libera circolazione del pensiero, ma viene accettato come valido solo l’insegnamento dato dagli schermi televisivi dei salotti. Così facendo, il Governo controlla l’unico mezzo di istruzione del popolo. Ai cittadini viene trasmessa solo la conoscenza indispensabile, per poter vivere in uno stato di serenità e di consapevolezza apparente degli avvenimenti. Non è permesso il ragionamento personale, l’elaborazione delle idee secondo la propria esperienza, ma si porta ogni persona a pensare allo stesso modo, così come le autorità ritengono giusto. In genere, non si trovano oppositori nell’attuazione di questo piano. Tutti i cittadini modello si comportano come Mildred: non si pongono domande, amano la compagnia dei teleschermi e ne accettano senza discussione ogni affermazione; sanno che i libri sono banditi, non si chiedono perché, pensano che in fondo se non sono leciti non debbano raccontare niente di interessante, solo di personaggi fittizi e idee malsane. Chi viene plasmato non come individuo singolo ma come membro della massa diventa un automa nella società, alienato e staccato dalla realtà. Sembra una condizione tanto tremenda? Non tanto. Per viverci bene basta non farsi domande. Non porsi i fatidici quesiti “Chi sono io?” “Qual è il mio ruolo all’interno della società?” “Le notizie che ricevo sono reali o manipolate?”. Questi quesiti se le pone la persona attenta e razionale, che paga però questo suo acume con un pezzo di felicità: comincia a porsi problemi sempre più intricati e difficili da risolvere, finché non decide di lasciarli da parte e vivere serenamente oppure di trovare finalmente una risposta che lo possa soddisfare (sempre meglio scegliere la prima alternativa). La persona più distratta, invece, non è neanche consapevole di certe questioni, la faccenda non è quindi affar suo, e continua indifferentemente per la sua strada.
      Vivere nella totale disinformazione è una benedizione, se si accetta la situazione; se invece l’essere allo scuro di quanto ci riguarda non è accettabile, allora bisogna lottare per mantenere la libertà di ragionare, di ascoltare più di una versione dei fatti. Come Montag, che vuole scoprire personalmente cosa dicono di tanto pericoloso i libri, o come Wilson, che, in un altro universo letterario, vuole avere la libertà di dire che due più due fa quattro e non cinque. Al contrario, Mildred non si pone alcun problema, e vive tranquilla la sua esistenza alienata e distaccata, dal marito come dal mondo intero. A Beatty invece è stato insegnato, insieme al contenuto dei libri, che questi non valgono niente, non migliorano la condizione dell’uomo, anzi facilitano l’avanzare del male di vivere.
      Il messaggio di Bradbury è proprio di leggere più che mai, prima che leggere diventi illegale, ampliare le proprie conoscenze per diventare cittadini consapevoli e saper riconoscere il falso dal veritiero, il buono dal marcio. L’istruzione è necessaria per non rimanere vittima di truffe o inganni, per avere in mano il proprio futuro e garantirsi la libertà.

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  44. Corto Viaggio Sentimentale di Italo Svevo
    Il signor Aghios, uomo anziano di origine greca, fu obbligato a separarsi dalla moglie e dal figlioletto per concludere un urgentissimo affare di trentamila lire a Trieste. Il romanzo infatti si apre alla stazione di Milano, città in cui la famiglia risiedeva. Alla partenza del treno, il signor Aghios finse alla propria moglie una tristezza infinita nel dividersi per alcuni giorni. In realtà l’anziano signore provava un sentimento di libertà che, durante il viaggio, gli permise di auto analizzarsi. All’inizio del viaggio il signor Aghios è particolarmente attratto da alcune giovani donne che siedono nel suo stesso vagone. Egli le elogia osannando ogni loro parte o tratto di corpo che meritavano attenzione. In ogni fermata del treno salirono e scesero diversi passeggeri. Soltanto pochi ebbero il piacere di parlare con signor Aghios. Uno di questi fu un giovane ragioniere di un’importante agenzia di assicurazioni, in viaggio per un importante affare di lavoro. Ma fu senza dubbio il signor Bacis ad entrare immediatamente in una piacevolissima simpatia con il signor Aghios. I due nuovi conoscenti scesero nel tardo pomeriggio alla stazione di Venezia per prendere entrambi la coincidenza notturna per Trieste. Il tempo d’attesa per la partenza del treno successivo permise ai signor Aghios e Bacis di visitare la città di Venezia e, con l’occasione, di conoscersi meglio. Il signor Aghios scoprì che il ragazzo si trovava in viaggio a causa della sua complicata vicenda amorosa. Infatti il signor Bacis era promesso sposo di Berta, figlia del suo padrone di lavoro, solamente per interessi economici. Egli in realtà amava intensamente un umile donna di nome Anna. Per poter liberamente sposare quest’ultima, il signor Bacis era alla sfrenata ricerca di quindici mila lire, il denaro necessario per restituire la dote di Berta. La storia fece piangere il signor Aghios, il quale decise però di non imprestare parte del suo denaro per aiutare il giovane ragazzo. Arrivati verso tarda notte alla stazione, i due salirono in treno e partirono in direzione di Trieste, rattristati di non riuscir a trovare una soluzione favorevole per il signor Bacis. L’anziano signore prese sonno e sognò di essere in treno verso Marte. Al suo risveglio il signor Bacis non c’era più. Inoltre egli aveva rubato al signor Aghios quindici mila lire dalle sue trentamila lire necessarie per concludere l’affare. Il libro termina in questo punto, ma questa opera di Svevo risulta incompiuta. È un peccato che l’autore non abbia terminato questo racconto, perché di sicuro ci avrebbe trasmesso emozioni e colpi di scena incredibili. Per questo è molto difficile trovare in questo breve libro il tema a cui l’autore mirava. Mi ha molto colpito la figura del signor Aghios. Si tratta di una persona non molto coerente e che non ha pace con i suoi sentimenti. Per esempio egli ama moltissimo sua moglie e il suo figlioletto ma vedo loro come individui che soffocano la sua vita e perciò è necessario allontanarsi. Inoltre compie azioni completamente contrari al suo modo di essere come mentire di fronte a vari passeggeri per dimostrare quello che in verità non è o rinunciare di aiutare il prossimo nonostante senta il bisogno di farlo. Comunque consiglio la lettura di questo breve libro perché si tratta di una storia coinvolgente, scritta con uno stile elegante e lineare.

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  45. UNO, NESSUNO, CENTOMILA di LUIGI PIRANDELLO
    Il protagonista della vicenda è Vitangelo Moscarda, figlio di un banchiere da cui poi alla morte di quest’ultimo erediterà la banca del padre. Un giorno la moglie gli fa osservare che il suo naso è storto e da qui inizia la crisi di identità che poi sarà il punto focale di questo libro; con tale osservazione della moglie, Vitangelo si rende conto che la gente ha di lui una differente realtà, lo vedono in maniera diversa da quello che pensa lui. Inizia quindi per lui un momento complicato della sua vita; lascia il lavoro in banca a costo di diventare povero, la moglie lo abbandona e va via di casa, pronuncia strani discorsi avvolte uniti con dei momenti di pura ira e addirittura sfratta una famiglia per poi impossessarsi della loro casa; in tutto questo solo una persona riesce a capirlo e cerca di aiutarlo: si tratta di Anna Rosa, una amica della moglie, che in un primo momento gli rimane accanto e prova a rendere Vitangelo la vera identità che sarebbe, ma in seguito gli spara due colpi, ferendolo gravemente. Successivamente verrà relegato in uno ospizio, dove la sua follia raggiungerà l’apice, ma sarà anche il luogo dove si renderà conto che tutte le persone hanno del mondo una visione diversa, e che la vita va vissuta giorno per giorno.
    Il romanzo in questione gira tutto intorno a tre parole: Uno, che si riferisce a Vitangelo, in particolare a quello che lui pensa di essere e ci crede; Nessuno, perché nel periodo passato allo ospizio si considera il nulla; Centomila, come le immagini degli altri che anno in lui, che non rispecchiano mai l’identità secondo Vitangelo. Questo romanzo è incentrato molto sull’Uno, questo perché Pirandello incastrerà all’interno di esso un altro tema ovvero quello che la realtà non è oggettiva, non tutti pensano allo stesso modo di uno persona o di qualcosa.
    Questo libro dal punto di vista riflessivo è perfettamente geniale e costruito benissimo, perché in alcuni punti si riesce a capire cosa pensa Vitangelo e, addirittura, avvolte sembra proprio che il lettore si inoltri dentro alla sua testa e capisca realmente quali sono i pensieri di Vitangelo. Dal punto di vista della lettura, vi è la presenza di molte figure retoriche che arricchiscono una sintassi per nulla complicata

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  46. “Uomini e no” è un romanzo di Elio Vittorini, uscito nel giugno 1945 durante la Seconda Guerra Mondiale. Vittorini si propone di “cercare in arte il progresso dell’umanità”, in modo che umili e potenti, essendo resi “assoluti” dall’autore, si affrontino alla pari, pur conservando tutte le loro caratteristiche storiche. L'ambientazione dell'opera è quella della Resistenza, in una Milano occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, una città per certi versi lugubre e malinconica ma, per altri, ancora piena di sdegno e capace di reagire. L’autore, in prima persona, racconta le vicende di un gruppo di partigiani creando una riflessione sul senso profondo della dignità dell’uomo e della vita ed è attraverso le aspirazioni e le attività quotidiane di uomini semplici e “normali”, quasi costretti a farsi combattenti, che emerge l’atrocità della violenza.
    All’interno del componimento si ha, da una parte la società attuale dominata dal fascismo rappresentata dal mondo negativo, ovvero il male; dall’altra si ha la resistenza alle cose che accadono sino al rischio della vita, garanzia di bene e verità.
    Essi avevano ognuno una famiglia e una donna con cui volevano stare, ma i loro interessi non andavano molto più in là di questo. Perché ora lottavano? Perché vivevano come animali inseguiti e ogni giorno esponevano la loro vita? Perché dormivano con una pistola sotto il cuscino? Perché, se non erano terribili, uccidevano? Perché, se erano semplici, se erano pacifici, lottavano? Perché, senza aver niente che li costringesse, erano entrati in quel duello a morte e lo sostenevano?"
    Nel libro si narra la storia di Enne 2, un partigiano che vive la Resistenza a Milano nel 1944; di lui non vengono seguite solo le azioni di guerriglia in città, ma anche le vicende private ed amorose. Enne 2 è infatti innamorato di Berta, una donna sposata, pronta a lasciare il marito e a stringere una relazione con il protagonista.
    La prima “impresa partigiana” che viene raccontata è l’attentato contro quattro militari tedeschi e il capo del Tribunale, azione che avrà un’immediata reazione da parte dei fascisti. In seguito viene nominato un nuovo presidente così il Tribunale si riunì la notte successiva prendendo la decisione di fucilare quaranta civili come avvertimento e rappresaglia. Enne 2 decide di organizzare irruzione durante la seduta, la quale provocò una strage. La mattina dopo Enne 2 e Berta si incontrano e assistono a una scena agghiacciante: sul marciapiede a largo Augusto ci sono i corpi senza vita di alcuni civili uccisi per rappresaglia dai tedeschi. Tra questi c'erano anche una bambina, un vecchio e due quindicenni. “Chi aveva colpito non poteva colpire di più nel segno. In una bambina e in un vecchio, in due ragazzi di quindici anni; questo era il modo migliore di colpir l’uomo. Colpirlo dove l’uomo era più debole, dove aveva l’infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la sua costola staccata e il cuore scoperto: dov’era più uomo.”
    Questo evento drammatico portò Enne 2 e Berta a trovarsi di nuovo insieme, come in un sogno. I due, quindi, cercano nel loro amore una nuova forza, quella di "non perdersi”, che li avvicina al punto che, nel rifugio di Enne 2, arrivano ad amarsi fino in fondo. Ma Berta si ritrae nuovamente.

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  47. Nel frattempo avvengono nuove crudeltà da parte dei nazisti, nelle quali vedono come vittima Giulaj, l’uomo che ha ucciso la cagna del generale Clemm , il quale venne spogliato e divorato da due cani.
    Il gruppo di Enne 2 decide di compiere un nuovo ed ultimo attacco contro il capo dei fascisti Cane Nero; l’azione non ha il successo sperato ed Enne 2, identificato dai nemici, è costretto a fuggire. I fascisti promettono una taglia per chiunque abbia informazioni utili sulla sua posizione o conduca loro al rifugio partigiano. Successivamente i compagni fuggono, ma Enne 2, spinto da un superiore senso del dovere e anche dalla sofferenza per le incertezze di Berta, decide di rimanere, anche dopo che un giovane operaio lo avverte dell’arrivo delle truppe fasciste. Il ragazzo in compenso gli porge una pistola e Enne 2 gli chiede di unirsi ai suoi compagni, decidendo poi di lottare contro i tedeschi. Andando in contro al suo destino, il protagonista rimane solo con il suo unico obiettivo: uccidere Cane Nero. L’ultima cosa che Enne 2 voleva prima di morire era che arrivasse Berta, ma lei non arrivò. Per lui era inutile cercare di sopravvivere, cioè di non perdersi, ma il protagonista riuscirà nell'impresa, sacrificandovi però la sua stessa vita.
    Gli ultimi capitoli sono incentrati su quest'operaio, che cerca di imparare a uccidere i tedeschi in motocicletta. Nel momento in cui deve agire si ferma e risparmia il tedesco perché lo vede "troppo triste". A questo punto si rivede negli occhi del ragazzo che doveva essere la sua vittima.
    L'opera è costituita da molti piccoli capitoli, di cui alcuni scritti con una forma e finalità differenti dal resto. Questi capitoli, scritti in corsivo, sono un momento di riflessione dell'autore, il quale si inserisce nella narrazione interrompendola e commentandola. Questi capitoli hanno l'obiettivo di rallentare il ritmo della narrazione, reso accelerato dalla presenza dei dialoghi; l'autore inoltre dialoga con Enne 2, il protagonista del romanzo . Qui Vittorini riflette sul senso dell'esistenza umana e nella situazione tragica come quella di una guerra civile e permette di comprendere al meglio le situazioni che il protagonista sta vivendo.
    All’interno dell’opera ci sono numerosi flashback che interrompono lo svolgersi cronologico delle azioni, ad esempio quando il protagonista incontra Berta dopo tanti anni e con lei parla del passato, ma anche nei capitoli scritti in corsivo, in cui si fa spesso ritorno al tema dell’infanzia nel quale Enne 2 immagina di viverla con Berta.
    Il titolo “Uomini e no”, non intende una distinzione tra chi è "umano" e chi no, ma la differenza di due caratteristiche opposte del nostro essere uomini: agire per i propri interessi, ovvero essere altruista. Quelli invece “non uomini” sono coloro che si comportano come delle bestie, condannando a morte degli innocenti.
    Tuttavia, quello che questo libro ci può dare in più è, non solo la messa in scena della storia, ma della nostra storia, perché quello che viene raccontato in questo libro è accaduto realmente. Infatti nel 1945 molti dei nostri nonni erano già vivi e costretti a osservare atteggiamenti simili a quelli che sono avvenuti nel romanzo di Vittorini e molti altri sono stati obbligati ad andare in guerra e uccidere soldati come loro. Questi combattevano contro uomini che erano anch’essi uomini semplici e pacifici, ma erano indotti a farlo per il loro Paese e non per la loro volontà.
    Il romanzo inoltre riflette l’insanabile rapporto tra umanità e violenza, messo in evidenza dal fatto che venne composto durante la Resistenza, cioè il momento di intensa lotta antifascista. Questo componimento è quindi interessante per vari punti di vista: dai diversi temi trattati, all’intervento dell’autore con il protagonista e allo stile nuovo dell’autore.

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  48. Natalia Ginzburg, Lessico Famigliare
    Il libro narra la storia di una famiglia ebrea e antifascista, la famiglia della stessa autrice, tra il 1920 e il 1950, dall’inizio della dittatura di Mussolini fino alla Resistenza e alla Liberazione. Natalia Ginzburg, l’ultima dei cinque figli di Giuseppe e Lidia Levi, ricorda i genitori, i fratelli e gli amici che erano soliti frequentare; lo fa non con racconti di momenti particolari, ma attraverso la trascrizione di frasi ricorrenti, modi di dire e comportamenti. Mantenendo lo sguardo di innocenza e i pensieri avuti nell’esperienza diretta e non nell’elaborazione matura del ricordo, la Ginzburg rende partecipi i lettori delle sue vicende familiari, facendoli diventare membri aggiunti della già molto frequentata casa Levi di Torino. La narrazione è lineare solo cronologicamente ma, proprio come la memoria, molto spesso riporta con un accenno di “Lessico Famigliare” ad eventi accaduti molti anni prima. Difficile quindi riassumere questo libro: parla di una famiglia e il fascismo, dell’Italia e la guerra, di Natalia e i suoi fratelli, di Natalia e i suoi genitori, di libertà e di protesta. Proprio per la sua aderenza totale alla vita reale, molteplici vicende si incrociano, ed è complicato dissipare la matassa per farne uscire un racconto sintetico e lineare.
    Natalia Ginzburg ricorda quante persone, tutte antifasciste, visitavano la casa durante la guerra; tra di loro Filippo Turati, ospitato anche da rifugiato, Anna Kuliscioff, Adriano Olivetti, poi marito della sorella Paola, Cesare Pavese, i Terni, i Lopez e tanti altri.
    Una volta cresciuti, i tre fratelli Gino, Mario e Alberto si attivano concretamente contro il regime mussoliniano. Alberto è in realtà, amico stretto di diversi cospiratori; Gino invece è arrestato con il padre come cospiratore, mentre Mario riesce a fuggire in Francia per poi restarci fino alla conclusione della guerra.
    Paola per prima e poi tutti i fratelli si sposano, sempre contro la volontà del padre, capace di trovare in ogni pretendente dei difetti imperdonabili. Natalia sposa Leone Ginzburg, conosciuto come frequentatore della casa paterna. I due sono condannati per le loro idee politiche al confino in Abruzzo. Possono ritornare a casa dopo la caduta del fascismo nel 1943, ma nel 1944 Leone muore nel carcere di Regina Coeli per mano dei tedeschi, lasciando Natalia con tre figli. Lei si stabilisce a Firenze con la madre, per poi ritornare a lavorare a Roma con Pavese, Balbo e l’editore nella casa editrice Einaudi, dove già aveva collaborato con l’ormai defunto marito. Tutta la famiglia, ora composta da tre generazioni, si riassesta dopo la fine della guerra. Nel paragrafo finale i genitori, ormai anziani, ricordano malinconicamente i tempi andati, con la stessa vitalità di molti anni prima.

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    1. La stessa autrice racconta così del suo libro: “Nel corso della mia infanzia e adolescenza mi proponevo sempre di scrivere un libro che raccontasse delle persone che vivevano, allora, intorno a me. Questo è, in parte, quel libro:ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito.”
      “Lessico famigliare” è scritto quindi per fare onore alla famiglia Levi, per far conoscere Giuseppe, Lidia e i loro figli al mondo intero, ricordare le loro azioni. Si racconta il normale corso di vita di cinque fratelli che hanno incrociato la loro storia con quella di molti illustri letterati, politici e attivisti, rischiando la propria vita per una causa più grande.
      I fratelli sono legati, come scrive la Ginzburg, dalle stesse esperienze e da una memoria comune di parole e frasi sentite infinite volte, espressioni tipiche solo e soltanto della loro famiglia, che permette loro di riconoscersi sempre:
      “[…] Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti.
      Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia.
      Ci basta dire “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati […]”
      I personaggi che più arricchiscono questa collezione di motti sono sicuramente i genitori di Natalia.
      Il padre Giuseppe è un professore universitario irascibile e testardo, a volte contraddittorio, che poco sopporta i capricci e i comportamenti dei figli (che chiama potacci), come non sopporta le opere d’arte contemporanea, definiti sbrodeghezzi, oppure i modi di fare impacciati, detti negrigure. Tra i suoi figli, predilige il primogenito, Gino, non perché simile a lui ma perché questi asseconda sempre le affermazioni del padre e ama come lui la montagna. Per la campagna razziale è obbligato ad abbandonare l’insegnamento universitario in Italia e per due anni si sposta all’ateneo di Liegi, in Belgio, per continuare il suo lavoro.
      La madre Lidia non proviene da una famiglia ebrea. È nata a Milano, ed è stata educata alla religione cattolica. Ha frequentato un collegio di cui evoca molto spesso i ricordi (come la compagna che dice: “È di lana Lidia!”). Lidia è una donna tranquilla e comprensiva, che riesce ad accontentare sia il marito che i cinque figli. Ama chiacchierare con le amiche (come la Frances, moglie di Lopez, vecchio amico di Giuseppe) con le nuore, ma anche con le donne di servizio: Natalina la cameriera e le sarte. Più che alle persone, è legata ai luoghi: è sempre per lei un passaggio molto doloroso il trasferimento da una casa all’altra per il lavoro del marito.
      Ho scelto questo libro perché incuriosita dal titolo e dalla presentazione letta sia online che sulla quarta di copertina. L’incontro con il romanzo è capitato, per un caso fortuito, in un momento in cui la mia famiglia aveva particolarmente bisogno di unità e collaborazione. Mi sono immedesimata ancora di più nella storia, chiedendomi quale sia per me il “Lessico famigliare”, segnando ora come non mai nella memoria le frasi tipiche, per non lasciarle più andare. La mia è una famiglia comune,come ce ne sono altre, ma quello che ci insegna Natalia Ginzburg è che ogni gruppo familiare ha le sue peculiarità ed è unico; i suoi membri si sapranno sempre riconoscere con parole, frasi, comportamenti, che non sono certo diffusi all’infuori del focolare domestico.

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  49. Fahrenheit 451 di Ray Bradbury

    Fahrenheit è un romanzo proiettato nel futuro, in una società nella quale l’uomo convive con la tecnologia. Il nuovo ruolo dei pompieri è quello di appiccare il fuoco alle case in possesso di libri che non sono ammessi in quanto non giovano perché sono lo strumento che permette all’uomo di eleborare pensieri e ragionamenti.
    Il protagonista è proprio uno di loro, Guy Montag. Inizialmente eseguiva gli ordini del suo lavoro senza porsi domande, successivamente dopo l’incontro con la vicina di casa e dopo aver assistito al suicidio di una signora la quale si era gettata tra le fiamme con i suoi libri, iniziò a pensare che il contatto costante con la tecnologia non rendeva liberi e non permetteva di ragionare. Si rese conto che si occupava di garantire un sistema che non approvava.
    Iniziò quindi a conservare e leggere libri. La moglie era indifferente, quindi lui decise di rivolgersi ad un ex professore, il signor Faber con il qule si terrà in contatto.
    Successivamente commette l’errore di leggere davanti alle amiche di sua moglie le quali lo denunciano insieme a quest’ultima che lo lascerà il giorno seguente.
    Sarà costretto ad uccidere il suo capo e ad abbandonare la casa, perché i suoi colleghi incendiari iniziano a persegutarlo.
    Nei pressi di un fime in periferia incontra alcuni fuggitivi i quali conoscono a memoria alcuni passi di libri che cercano di tramandare e non trascurare allo scopo di conservare una così importante fonte di conoscenza.
    La vicenda si conclude con il tentativo di Montag e alcuni compagni di salvare le persone colpite dalla guerra nel proprio paese.
    Il libro mi è piaciuto molto in quanto il tema di fondo è simile alle trilogie uscite questi ultimi anni come “Hunger Games”, “Divergent” e “The Maze Runner”.
    Trattano tutti della capacità di un governo di far vivere una società in base a regole di cui nessuno si preoccupa di indagare se portano alla felicità o meno, fin quando non arrivano pochi che divergono, che iniziano a porsi domande e si ribellano. Il tutto porta sempre ad una guerra.
    Questa è anche una caratteristica comune alle civiltà di oggi: una popolazione a mentalità chiusa favorisce di più il governo il quale riesce a gestirla meglio e a proprio favore.

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  50. IL VECCHIO E IL MARE di Ernest Hemingway

    Un altro dei libri letti durante queste vacanze è "Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway, un breve racconto che narra la storia di un pescatore, di nome Santiago, che dopo svariati giorni di pesca che non produssero però i risultati sperati, decise di avventurarsi in mare aperto, con la convinzione e la speranza di ottenere risultati migliori e di essere assistito da quella fortuna che fino a quel momento non lo aveva aiutato.
    Fu durante uno di quei giorni che al suo amo abboccò un Marlin dalle dimensioni che raggiungevano quasi i 5 metri. L'istinto di sopravvivenza sommatosi alla voglia di non mollare mai e di non arrendersi, portarono a uno scontro estenuante tra il potente pesce e il pescatore che si prolungò per tre giorni, e in mare aperto.
    Fu solo dopo tre giorni che il pesce decise di mollare la presa e arrendersi a Santiago, che tuttavia visto il peso e le dimensioni decise di non portarlo a bordo, bensì di legarlo a un lato della barca e tornare a casa. Quando tutto sembrava essere finito per il meglio avvenne un colpo di scena: il sangue che fu un effetto della battaglia tra Santiago e il Marlin, attirò i pescecani che divorarono la preda del pescatore lasciandone solo la carcassa, che era stata causa di numerosa fatica e di numerosi sforzi. Tutto ciò fece si che il povero protagonista dovette tornare a casa a mani vuote.

    Da come si può capire è un racconto da una trama molto semplice, che però è ricca di contenuti. Come detto precedentemente da altri miei compagni, l'ho trovato un libro dalla facile lettura e con un lessico che lo rendono a tratti molto piacevole e divertente. Anche io come Martina ho apprezzato il coraggio e la forza di volontà che hanno portato Santiago a non perdere la propria passione per la pesca. Inoltre mi è piaciuto il comportamento dell'amico Manolin, che dal momento in cui Santiago tornò da questa sfortunata avventura, decise di non rispettare più gli ordini dati lui dai genitori per condividere insieme al vecchio pescatore la passione per la pesca.
    Concludo consigliando la lettura di questo libro perché insegna quanto importante sia coltivare una passione e soprattutto quanto importante sia non mollare in tutti gli ambiti della nostra vita.

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  51. Sonata a Kreutzer - Lev Tolstoj
    La trama è molto semplice: durante un viaggio in treno un uomo (che costituisce la voce narrante), incontra uno sconosciuto che gli racconta la propria storia, ossia di come sia arrivato al punto di uccidere la moglie.
    Vasja Pozdnyšev, questo il nome dello sconosciuto, è un uomo come tanti altri della società del tempo. Durante il suo racconto tratta di diversi temi, dell'amore carnale, l'unico possibile e che è causa dell'innamoramento, del matrimonio, dei figli, dell'emancipazione della donna. Spiega di essere stato un depravato nella sua gioventù, fino ad aver conosciuto la moglie. Dopo il matrimonio si scopre l'odio reciproco fra i due coniugi, iniziano i litigi che non si placano con l'arrivo dei figli, crisi familiari che si concludono con il tentato suicidio della moglie.
    Dopo aver presentato a quest’ultima un musicista, Pozdnyšev inizia a sospettare il suo tradimento a causa dell’evidente intesa fra i due. Sentimenti di odio e gelosia si destano in lui mentre li vede suonare assieme, rispettivamente al pianoforte e al violino, un pezzo di Beethoven, "Sonata a Kreutzer", che li vede coinvolti emotivamente in un attimo definito di grande intimità. Partito per affari di lavoro, le preoccupazioni si ridestano dopo aver ricevuto una lettera dalla moglie che racconta di aver rivisto quell'uomo. Seguono l'immediato rientro a casa e l'omicidio della moglie con un coltello, colta in compagnia del musicista.

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    1. Lev Tolstoj, autore del romanzo breve “Sonata a Kreutzer”, è uno scrittore russo vissuto nell’800, ed è quindi a questa epoca che fanno riferimento i problemi sociali trattati in questo libro.
      Tramite il lungo monologo dell'assassino infatti, vengono toccate le questioni principali della Russia degli anni '80 '90, specificate poi nella postfazione: in primo luogo, viene denunciata la convinzione secondo la quale i rapporti sessuali sarebbero indispensabili alla salute, idea sostenuta e incoraggiata dai medici, dal governo e dai genitori che impartiscono un'educazione completamente sbagliata ai figli, conducendoli sulla via della depravazione. Vengono inoltre accusate l’arte e la poesia dell’epoca, che testimoniano come l’innamoramento e l’amore carnale vengano ritenute condizioni elevate e poetiche. A causa di questa visione edonistica della sessualità, l’infedeltà coniugale è diventata un fenomeno molto diffuso in tutti gli strati sociali, le donne vengono viste come oggetti sessuali, schiave poiché si ritiene giusto usarle come strumento di piacere; il loro compito principale è quello di sedurre e attirare il maggior numero di uomini per aver una più ampia scelta. Per fare ciò, esse si mettono in mostra: persino le donne di classe imitano esteticamente le prostitute, abbassandosi allo stesso livello.
      Un’altra critica da parte dello scrittore è destinata alla nascita dei figli, che invece di essere il fine, è diventata solo una spiacevole conseguenza dei rapporti carnali; la diffusione dei metodi contraccettivi viene paragonata all’omicidio, mentre deplorevole viene giudicata l’incontinenza durante la gravidanza e l’allattamento.
      Molto importante è ricordare il contesto nel quale viene inserito questo romanzo nella vita dello scrittore: Tolstoj stava infatti vivendo un periodo di grande frustrazione e travaglio interiore, accompagnato dall’avvicinamento e dalla conseguente conversione dall’ortodossia al cristianesimo.
      Le soluzioni proposte ai problemi sociali trattati sono quelle di educare i giovani e le nuove generazioni a ciò che è giusto e non dannoso, ad esempio mettersi al servizio dell’umanità, della patria, della scienza, dell’arte o di Dio, purché ritenuto degno dell’uomo.

      “Sonata a Kreutzer” è un libro che fa appassionare grazie al tono incalzante del susseguirsi delle vicende; la curiosità nel lettore (come il tono del romanzo) aumenta sempre di più con l’avvicinarsi all’omicidio, che suscita emozioni forti, di disgusto e orrore, a causa della semplicità con la quale Pozdnyšev uccide la moglie. Le affermazioni di Tolstoj in merito al matrimonio, all’amore, al sesso e ai figli sono interessanti, ma adatte a un’epoca totalmente diversa da quella attuale; risultano perciò antiquate e concettualmente superate.

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  52. IL DESERTO DEI TARTARI-DINO BUZZATI
    Il romanzo “il deserto dei Tartari” ha, in un certo modo, consacrato Dino Buzzati (l’autore) tra i principali autori del ‘900.
    Il libro, uscito nel 1940, è stato fonte d’ispirazione per il regista Valerio Zurlini il quale ha diretto un film nel 1976 dall’omonimo titolo.
    Il personaggio principale del romanzo è il giovane Giovanni Drogo, che dopo aver ottenuto la nomina di tenente viene mandato a svolgere la propria attività di ufficiale presso la sperduta ed irraggiungibile “fortezza bastiani” che si trovava nel luogo più inospitale del mondo: collocata in cima ad una montagna ad ore di cammino dalla prima città. La fortezza si affacciava ad una vasta pianura che prendeva il nome di “deserto dei Tartari”; essa, per il passato, fu stata un avamposto strategico quando il nemico provò ad oltrepassare il confine, quando il giovane tenente prese servizio in quel posto inospitale la fortezza si presentava come un distaccamento militare abbandonato e dimenticato da tutti. La gloria di essere ricordati per anni dopo una battaglia era l’unico motivo per il quale i soltati seguivano un preciso rituale che scandiva le giornate alla fortezza. Il giovane tenente era salito alla fortezza con la promessa di rimanere in quel posto per pochi mesi per poi fare ritorno alla normale vita di città, ma una volta concessali l’opportunità di fuggire da quel “carcere” Giovanni Drogo rifiutò il trasferimento vedendo, come gli altri commilitoni, nella fortezza un’occasione irripetibile per appagare la propria esistenza ed inoltre la monotonia della vita alla fortezza aveva influenzato la sua decisione di non tornare. Le giornate alla fortezza era tutte uguali: caratterizzate da lunghi turni di guardia con una particolare attenzione al regolamento che stabiliva una precisa metodologia nelle parole d’ordine durante i cambi di guardia. Al distaccamento Bastiani l’applicazione del regolamento comportò la morte di un soldato che allontanatosi dalla fortezza per recuperare un cavallo, al suo ritorno venne ucciso dalla sentinella perché non conosceva la parola d’ordine. Il secondo avvenimento che ruppe la routine della fortezza fu quando nella pianura si scrutarono dei battaglioni che si precipitarono verso il confine: i militari vedevano, con l’avvicinarsi del presunto nemico, l’opportunità di realizzare il sogno di raggiungere la tanto attesa gloria; ma quelli che sembravano nemici in realtà si dimostrarono semplici soldati giunti dal Regno confinante per definire i confini. Successivamente al tenente Drogo fu concesso un breve periodo di licenza, durante il quale l’ufficiale tenta di reintegrarsi nel mondo di città, chiedendo il trasferimento al Generale (negatogli a causa di un eccessiva domanda in quanto la fortezza Bastiani avendo ridotto l’organico obbligò diversi generali a fare domanda di trasferimento) e di riallacciamento di legami con amici e parenti oramai diventati quasi degli sconosciuti.
    CONTINUA......

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  53. .....
    Terminati i due mesi di permesso il tenente torna a presidiare il confine contento di non aver ottenuto il trasferimento in un mondo che non sentiva più suo. La possibilità di avere un esistenza appagante era al centro del pensiero di Drogo e del tenente Simeoni che videro all’inizio della pianura dei presunti nemici che stavano costruendo una strada. La strada ci mise ben quindici anni per arrivare nei paraggi della fortezza, i soldati si erano oramai rassegnati a vedere la strada come un opera urbanistica piuttosto che una spianata che portava i tartari alle porte della fortezza. Dopo aver visto morire alcuni suoi commilitoni, il tenente Drogo ottenne la nomina di Maggiore e ottenne l’incarico di vicecomandante della fortezza. Dopo trent’anni di servizio prestati in quel posto sperduto, Giovanni Drogo venne colto da una malattia al fegato che lo porta a passare gran parte del tempo a letto e che funge da antagonista quando il nemico sopraggiunge al confine pronto a combattere. Il pomeriggio prima della battaglia decisiva il Maggiore lasciò per l’ultima volta la fortezza Bastiani. La notte seguente Drogo capì di raggiungere l’obbiettivo della sua esistenza quando superò la paura della morte e morì senza rimorsi.
    Buzzati in un’intervista rivela che per la stesura del romanzo prende spunto dalla sua esperienza da giornalista presso il “Corriere della Sera” considerando il suo lavoro monotono e la vita cittadina incapace di offrire un appagamento all’esistenza personale. Molto spesso, anche al giorno d’oggi, siamo avvolti dalla routine della giornata incapaci di prendere delle decisioni che stravolgano questo tram-tram.

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  54. Tra i tanti libri da leggere proposti dal professore ho subito pensato a “Se questo è un uomo” di Primo Levi, sopravvissuto ai campi di sterminio. Il romanzo è stato scritto per non dimenticare ciò che è stato fatto all’uomo, descrive i comportamenti e gli stati d’animo all’interno dei campi di concentramento di Monowitz.
    Primo Levi fu catturato dai fascisti nel 1943 per essere ebreo, ma deportato ad Auschwitz nel 1944 per mancanza di manodopera. Il viaggio fu molto stressante e faticoso, è difficile sopravvivere ammassati in vagoni senza cibo e acqua, infatti tanti muoiono durante il viaggio. Arrivati in Polonia tutti i prigionieri vengono divisi per sesso, età e stato di salute. La divisione è molto straziante perché non si saprà quando si potranno rivedere parenti e amici. Dopo aver sequestrato tutti gli averi dei prigionieri, questi vengono rasati, lavati, tatuati nel barccio con un numero di riconoscimento e ricevono divise (pigiami a righe bianche e blu) tutti uguali.
    Le gerarchie all’interno del campo, la struttura e la disposizione degli edifici sono indispensabili da conoscere per sopravvivere. Il lager è un punto di raccolta di tanti deportati, la comunicazione all’interno è difficile vista la provenienza da vari luoghi differenti, ma tutto in quelle circostanze si riesce a comprendere o a farsi comprendere.
    Un argomento che preme molto il superstite è quello del cibo in quanto ritiene sia difficile procurarselo perciò il pane diventa il primo oggetto di scambio e quindi un modo per interagire.
    Un giorno Levi, mentre lavorava in Buna, si procurò una ferita al piede, quindi dovette lasciare il lavoro e il suo Block per curarsi nel KA-BE (abbreviazione di ospedale in tedesco). Durante la convalescenza venne risparmiato dal lavoro per venti giorni, con cibo assicurato e all’interno di una baracca al caldo. Guarita la ferita fu assegnato al Block 45, dove racconta che di notte non si riesce a dormire in quanto incubi e sogni ricorrenti interrompono il sonno. Alla mattina, la solita routine fa iniziare la giornata, sveglia, appello e lavoro; Levi lavora con un compagno di stanza Resnyk, loro trasportano transine di legno per costruire la ferrovia.
    Per sopravvivere si deve conoscere l’economia del campo, tutto è merce di scambio ad esempio vestiti durante l’inverno.
    Grazie agli studi in chimica, Primo Levi riuscì a superare un esame per lavorare in laboratorio, fu di grande aiuto per riuscire a continuare a sognare una vita migliore, ma non poco dopo Levi, insieme ad altri prigionieri scampati al disastro dei nazisti, furono liberati nel gennaio del 1945 dai russi.

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    1. Il racconto di Levi come premesso all’inizio del romanzo, non vuole aggiungere niente di più di tutto ciò che si sa già, ma far capire al mondo che non si deve dimenticare. Infatti più volte Levi ribadisce questo concetto anche con la frase cit. pagina 35 “Il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare, che anche in questo luogo si può sopravvivere, e per ciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza” del capitolo Iniziazione.
      Il romanzo è breve, ma intenso. L’autore riesce a far vivere tutto ciò che è accaduto tramite un libro le minime sensazioni, la paura quando hanno rasato e diviso uomini e donne e al commozione al momento della liberazione, due sensazioni opposte per l’inizio e la fine del romanzo.
      Ciò che è emerso e mi ha colpito sono le scene della notte, i sogni riguardano il cibo e la preoccupazione, in caso di sopravvivenza, di non essere creduti, scene e avvenimenti sono davvero faticosi e impensabili e non immaginabili.
      Il testo è caratterizzato da suspance e storie accattivanti che fanno proseguire il libro e il lettore è convinto di arrivare dritto dritto al finale. Storie e racconti così accattivanti riescono anche se in poche pagine a far immergere il lettore nelle condizioni disumane dei lager e poco a poco ci si immedesima nella situazione e a riflettere a come tu potresti essere riuscito a sopravvivere all’interno di questi. Tutto è bene ciò che finisce bene, la fine tanto attesa e commuovente fa pensare a tutti gli sopravvissuti che per sempre però penseranno e si ricorderanno degli avvenimenti vissuti e credo rimarrà del rancore per tutte le persone uccise solamente perché non sono state astute o forti a trovare la forza di sopravvivere.
      Questo libro è tutt’ora attuale in quanto mi ricorda la situazione di dignità negata degli immigrati che si rifugiano momentaneamente in Italia. I diritti dell’uomo, come nei campi di concentramento, vengono violati.

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  55. IL VECCHIO E IL MARE, Ernest Hemingway
    Una delle opere più conosciute di Ernest Hemingway è il romanzo intitolato Il vecchio e il mare, pubblicato per la prima volta nel 1952.
    Santiago è un vecchio e solo pescatore cubano che da 84 giorni esce per mare ma torna a casa sempre a mani vuote, venendo cosi deriso dai suoi amici e rovinando la sua reputazione.
    Santiago non aveva famiglia, aveva problemi finanziari, l’unico suo amico era il giovane Manolin, che precedentemente era stato un suo apprendista, ma ora, obbligato dai genitori, prestava servizio presso pescatori più fortunati; inoltre nutriva molta stima per un giocatore di baseball americano: Joe di Maggio.
    Manolin è molto affezionato a Santiago per questo continua a frequentarlo, gli procura cibo, vestiti, esche e passano molto tempo assieme parlando di pesca e di baseball.
    Una mattina Santiago partì solo per la pesca spingendosi al largo, per cercare di mettere fine agli esiti negativi delle sue battute di pesca, posizionò le lenze grazie all’aiuto di un uccello che gli indicò un luogo in cui dovevano trovarsi diversi pesci, infatti poco dopo pescò un piccolo tuna.
    All’improvviso, abboccò all’amo un gigantesco marlin; Tra il vecchio pescatore e la sua preda iniziò una lunga e sofferente battaglia di quasi tre giorni: Santiago ammirava la determinazione del pesce di non voler arrendersi, ma non per questo allentò la presa ,anzi negli sforzi per trattenerlo si ferì più volte; Finché ,dopo alcuni balzi del pesce, riuscì a colpirlo con un arpione uccidendolo.
    Santiago legò il pesce alla barca non potendolo caricare per le sue grandi dimensioni ma, durante il ritorno, il marlin attirò con il suo sangue molti squali: Santiago riuscì ad ucciderne molti, lottando fino allo sfinimento anche quasi a mani nude, ma quando la barca arrivò finalmente in porto, del marlin rimaneva solo lo scheletro e la testa. Santiago ormai stremato e deluso da se stesso per essersi spinto troppo lontano tornò alla sua capanna dove si addormentò. Manolin la mattina successiva trovò l’amico mentre dormiva ed una folla di pescatori riuniti intorno alla sua barca, impressionati dalle dimensioni dello scheletro del pesce . Decise così i portare del caffè e i giornali riguardanti il baseball all’amico e di tornare a navigare assieme a lui.
    Nell’opera l’autore vuole sottolineare l’importanza di alcuni valori quali il coraggio e la determinazione. Santiago non si diede mai per vinto, riuscì a superare la derisione, l’imbarazzo, le difficoltà che la vita gli aveva riservato quali la solitudine, i problemi economici.. In mare diede prova della sua forza non solo fisica, ma anche mentale; grazie alla sua determinazione catturò dopo giorni il martin che rappresentava non solo la gloria per aver pescato un pesce di così grandi dimensioni, ma una sfida con se stesso, voleva portarla al termine a tutti i costi, accennando addirittura al fatto di voler comprare la fortuna per ritornare finalmente a credere in se stesso. Hemingway tratta quindi anche il rapporto tra la natura e l’uomo, e della lotta per la sopravvivenza; una sopravvivenza basata però su un rapporto di stima alimentato dalla determinazione.
    Più volte durante la narrazione Santiago parla da solo definendosi pazzo, per sfogarsi, trovare un po’ di conforto dalla solitudine che lo sta lacerando, gli manca il suo amico Manolin, l’unica persona che crede in lui, che lo accetta con cui ha un rapporto sincero e di rispetto reciproco sebbene lui lavori per altri pescatori.

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  56. ORGOGLIO E PREGIUDIZIO, Jane Austen
    Orgoglio e pregiudizio è certamente il romanzo più conosciuto di Jane Austin, scrittrice inglese nata nel 1775 a Steventon, nello Hampshire.
    Il romanzo si apre con il dialogo fra la signora ed il signor Bennet riguardante l’arrivo di un ricco scapolo, Mr. Bingley, a Netherfield, una tenuta nei pressi di Longburn, dove vive la famiglia, composta da marito, moglie e cinque figlie tutte nubili: Jane, la più grande, Elizabeth detta Lizzy, Mary, Catherine ed infine Lydia.
    La signora Bennet si dimostra fin da subito esaltata dall’arrivo di Mr. Bingley poiché spera di poter sistemare definitivamente una delle figlie. Si presenta infatti l’occasione perfetta per far conoscenza dei Bingley: un ballo. Mr. Bingley sviluppa immediatamente un interesse per Jane, che viene corrisposto dalla ragazza.
    Al contrario l’amico di Bingley, Mr. Darcy, appare un uomo superbo e molto orgoglioso e viene subito mal visto da Elizabeth soprattutto dopo averla giudicata "passabile".
    Elizabeth venne successivamente anche derisa e criticata dalla signora Hust e dalla signorina Bingley sua figlia, innamorata del signor Darcy, dopo che camminò per più di tre miglia per andare a trovare la sorella Jane che si trovava malata nella casa dei Bingley.; Durante tutto il soggiorno nella dimora Elizabeth dovette sopportare le provocazioni del signor Darcy e la gelosia della signorina Bingley.
    Poche settimane dopo un ecclesiastico, Mr. Collins, si recò in visita alla famiglia; essendo cugino del signor Bennet ed avendo lui solo figlie femmine, erediterà alla morte di quest’ultimo la tenuta della famiglia che fruttava la somma di duemila sterline l’anno. Mr Collins dimostra fin da subito un interesse per Elizabeth alla quale successivamente chiederà di sposarlo ricevendo una risposta negativa. Mr. Collins in seguito chiederà la mano a Charlotte Lucas, amica delle sorelle Bennet, la quale accetterà immediatamente.
    Intanto Bingley deve tornare a Londra per lavoro promettendo all’amata Jane di tornare presto da lei, ma purtroppo la madre, la sorella e l’amico Darcy lo impediranno, raggiungendolo pochi giorni dopo in città trasferendosi definitivamente dopo aver compreso che Bingley si stava innamorando di Jane la quale, secondo loro, non era degna di entrare a far parte della loro famiglia.
    Jane ha il cuore spezzato ed Elizabeth è convinta che sia colpa di Darcy e questo aumenta l’odio nei suoi confronti. In primavera Elizabeth visita l’amica Charlotte sposata con Mr Collins a Hunsford, i quali vennero invitati nella tenuta di Lady Catherine de Bourgh, zia di Mr. Darcy e fonte di ispirazione per il signor Collins. Inaspettatamente Mr. Darcy si presenta nella tenuta della zia e propone a Elizabeth di sposarlo. Lei però rifiuta colpevolizzandolo di aver fatto soffrire la sorella convincendo Bingley ad allontanarsi da lei e di aver rovinato la vita all’ufficiale Wickham, un uomo che Elizabeth conobbe in precedenza che suscitò in lei un lieve interessamento. Mr. Darcy è ammutolito quindi decide di spiegare le proprie ragioni scrivendo una lunga lettera nella quale confessa che ha allontanato l’amico da Jane poiché convinto che questa non lo amasse, non avendo mai dimostrato eccessivo trasporto, dovuto in realtà alla timidezza della ragazza, che il signor Wichman ha infangato il nome di suo padre defunto e che in verità fu Wichman ad ingannare Darcy per poter ricevere in cambio molte più sterline di quelle che gli spettavano, non il contrario.

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    1. Elizabeth comincia ad avere sensi di colpa per averlo giudicato erratamente ed alcuni mesi dopo, durante un viaggio con gli zii, il signor e la signora Gardinier, si trova a visitare Pemberley, la tenuta dei Darcy. Lì Incontra Mr.Darcy che si comporta con molta gentilezza ma freddezza. Arriva però la notizia alla famiglia Bennet che Lydia è fuggita con Mr. Wickham verso Nord. Elizabeth è disperata per la vergogna che questo fatto arrecherà alla sua famiglia; I due vengono presto rintracciati dallo Zio mentre si trovavano ancora a Londra . Elizabeth scopre successivamente che fu Mr Darcy a pagare il matrimonio. Intanto Mr. Bingley torna a Netherfield e chiede la mano di Jane, che ovviamente accetta, così come Elizabeth accetterà la ripetuta proposta di matrimonio di Mr. Darcy.
      Orgoglio e pregiudizio è in sintesi una vivace descrizione della società ottocentesca incentrato sul rapporto tra clero, borghesia e aristocrazia, rapporto che diviene complesso nella sfera matrimoniale.
      L’orgoglio si può palesemente notare nel personaggio di Darcy, un orgoglio prima sociale che personale; Darcy sa di essere ricco, di dover tenere alto l’onore della famiglia, soprattutto del nome del padre defunto, questo sentimento è quasi una forma di dignità legata alla consapevolezza del proprio compito, all’interno del quale non è compreso l’innamoramento con Elizabeth, una giovane ragazza borghese, capace di tenergli testa ma ricca di pregiudizi nei suoi confronti.
      Il pregiudizio a differenza delle “prime impressioni” non può essere cancellato molto facilmente, esso è come una “verità universale” dove universale significa che è riconosciuto dalla comunità di appartenenza, in questo caso i borghesi; infatti talvolta è un’operazione faticosa ed umiliante eliminarlo; ed è quello che succederà ad Elizabeth dopo aver letto la lettera di spiegazioni del signor Darcy: le cose in cui aveva creduto fortemente, sfidando molte volte la sorella Jane ed gran parte della sua famiglia, erano prive di fondamento.
      L’unica cosa da fare per Elizabeth è quindi abbandonare i propri pregiudizi e cambiare il proprio modo di pensare e vedere per la prima volta con occhi diversi il signor Darcy, capendo quello che ha rifiutato, riconoscendo i propri errori e rendendosi addirittura ridicola per amore, mentre Darcy mostra finalmente il suo vero volto privo di ogni orgoglio.
      Nel corso del romanzo orgoglio e pregiudizio si scambiano spesso le parti, dimostrando che sia borghesi che aristocratici hanno qualcosa in comune; Nei romanzi di Jane Austin però non c’è nessuna rivoluzione sociale, da solamente importanza al matrimonio perfetto che è una vera e propria sfida; unione è infatti la parola conclusiva del romanzo mentre la frase d’apertura è l’illustrazione del pregiudizio borghese: “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di una buona fortuna sia in cerca di moglie”.
      L’unione infine tra i due Elizabeth ed il signor Darcy verrà fondata solamente dopo che i due protagonisti si saranno spogliati delle loro corazze sociali e si saranno scoperti a vicenda, l’uno altruista e timido, l’altra intelligente e impulsiva.

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  57. SE QUESTO È UN UOMO, Primo Levi
    Se questo è un uomo venne scritto da Primo Levi tra il 1945 e il 1947 durante la sua deportazione ad Auschwitz. Questo libro, come afferma Calvino non è solo una testimonianza efficacissima ma ha delle pagine di autentica potenza narrativa, pur non contenendo giudizi espliciti e ricchi d’odio e rancore nei confronti dei tedeschi.
    Il libro è strutturato in diciassette capitoli e seguendone i titoli ed il loro contenuto risulterà chiaro il disegno dell’opera.
    Nel primo capitolo, Il viaggio, Levi racconta della sua cattura avvenuta il 13 dicembre 1943 all’età di ventiquattro anni, l’arrivo al campo d’internamento a Fossoli, presso Modena, da dove pochi mesi dopo fu obbligato a partire per un viaggio di quindici giorni, su un treno di dodici vagoni pur essendo loro in seicentocinquanta. Descrive la notte prima della deportazione: l’alba che li colse come un tradimento ,la consapevolezza di non avere un futuro certo, la possibilità della realizzazione della felicità perfetta; e le condizioni pessime in cui viaggiavano fino all’arrivo ad Auschwitz. Nel secondo capitolo, Sul fondo, descrive il primo contatto con il Lager, l’immagine della scritta: arbeit macht frei all’entrata del campo che ancora lo percuote nei sogni, l’inserimento tra i prigionieri, il rapporto con la provenienza e le gerarchie, le regole e la tipografia del Lager, ed infine il tatuaggio del numero di matricola (174 517),nonché il suo nuovo nome
    Il terzo capitolo, l’Iniziazione, si apre parlando del Block 30, il blocco in cui Levi doveva coricarsi la notte, nel quale avvenivano litigi per il pane che era l unica loro moneta assieme alla zuppa, l unico liquido che potevano ingerire essendo l acqua delle docce non potabile, descrive inoltre la confusione delle lingue, la difficoltà a comprendere il tedesco, ed infine i problemi igienici resi gravi dalla sporcizia in cui vivevano.
    Levi venne ricoverato nella Ka-Be,l infermeria ,nel quarto capitolo dopo essersi tagliato il dorso del piede con uno spigolo di ghisa durante il lavoro; l infermeria era l’unico luogo in cui si potesse abbastanza riposare ed avere un pasto, se pur misero, fisso; il dormitorio però è pur sempre composto da cuccette strette e vicine al soffitti.
    Nel quinto capitolo, le nostre notti, levi rientra dall’infermeria ai capannoni del Block 45 e descrive come i prigionieri trascorrono le notti invernali e gelide, sognando le loro famiglie, la libertà, il cibo e la sveglia la mattina che da inizio ad un giorno uguale agli altri che sembra interminabile.
    Il sesto capitolo parla del lavoro, di una tipica giornata lavorativa vissuta dai prigionieri, resa quel giorno un po’ più semplice dalla presenza di Resnyk, un polacco con cui Levi divideva la cuccetta, che sollevò da solo la traversina e l appoggiò nella sua spalla con precauzione per far soffrire di meno il compagno, tuttavia Levi è molto stanco e decide di utilizzare l’unico permesso giornaliero di andare alla latrina, se pur provvisoria ,che era l’unica oasi di pace nel campo.
    Nel settimo capitolo, Una buona giornata, sottolinea che l’unico scopo dei prigionieri è quello di arrivare a primavera e per la prima volta quel giorno il sole è sorto alto e vivo, accentuando l’opacità della Buna in confronto ai prati verdi che la circondano; il freddo che era parso l unico nemico invernale è cessato dando il posto alla fame, che stranamente quel giorno fu saziata grazie a Templer, che riuscì a procurare molti più litri di zuppa del solito.

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    1. Nel Lager, come descrive nell'ottavo capitolo, Al di qua del bene e del male, la Borsa è attivissima, vi sono molti traffici: la stoffa infatti è molto scarsa nei campi ma molto richiesta, i buoni-premio vengono pagati, i furti in Buna vengono incoraggiati dalle SS che reprimono quelli in campo, ed invece nei furti fra Häftlinge, i prigionieri, vengono puniti sia il ladro che il derubato.
      Vi sono due categorie di prigionieri i Sommersi e i salvati, come spiega nel nono capitolo, i sommersi definiti i “Mussulmani” non valevano nulla e morivano in silenzio, mentre i salvati lottavano con le loro forze per sopravvivere; Levi per farci comprendere come raggiungere la salvazione racconta le storie di Schepschel, Alfred L., Elias e Henri.
      Nel decimo capitolo, esame di chimica, Levi affronta con altri compagni e con il suo migliore amico Alberto l’esame di chimica al Kommando Chimico in vista di un suo impegno come specialista ,che gli salverà successivamente la vita.
      L’undicesimo capitolo viene chiamato Il canto di Ulisse perché Levi recita al deportato francese Jean soprannominato Pikolo il canto di Ulisse (Inferno, XXVI) traducendolo in francese, dopo aver pulito una cisterna durante il trasporto della zuppa.
      Nell’Agosto 1944 i lavori vengono interrotti nel Kommando dai bombardamenti, descrive nel dodicesimo capitolo, I fatti dell’estate, facendo raddoppiare la ferocia dei civili tedeschi nei loro confronti.
      Ritorna però l’inverno e nel tredicesimo capitolo ,Ottobre 1944, riappaiono le sofferenze, inoltre iniziano ad intensificarsi le selezioni per il forno crematorio: ognuno doveva consegnare la propria scheda alle SS nudo e sperare di non essere selezionato.
      Continuano i dolori invernali nel quattordicesimo capitolo e Levi ci racconta di Kraus, un borghese maldestro, non molto furbo a cui Levi racconta i suoi sogni e allude ad un suo sogno in cui lui è apparso che in realtà non è mai avvenuto.
      In Die drei Leute vom Labor, il quindicesimo capitolo, Levi viene scelto come operaio specializzato, se pur i lavori pesanti per gli altri prigionieri non scelti come il suo migliore amico Alberto al Kommando aumentano sempre di più ;in laboratorio Levi lavora assieme a Brackier e Kandel, la temperatura è perfetta, ha un quaderno, un libro, una matita, se ne sta seduto tutto il giorno, mentre pensa ai suoi amici, compagni che sono costretti al duro lavoro all’esterno e non si sente per nulla contento.

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    2. Nel penultimo capitolo, L' ultimo, lui e Alberto durante la giornata si scambiano diverse idee, considerazioni personali, piani studiati per sopravvivere e guadagnarsi da mangiare, ma purtroppo termina brutalmente, infatti assistono all’impiccagione di un ammutinato
      Nell ultimo capitolo, Storia dei dieci giorni, Levi viene ricoverato per scarlattina in infermeria ;sfuggendo così all’evacuazione dei Lager, in cui tutti prigionieri verranno successivamente trucidati dalle guardie quando si scoprirono circondate dalle truppe russe; dovette però assieme ai suoi compagni malati sopravvivere nel Lager abbandonato, cercando cibo, calore e riparo, mentre la sporcizia ed i cumuli del bombardamento aumentavano sempre di più ; fino al 27 gennaio 1947 quando i russi liberano Levi e i suoi dieci compagni infatti Sómogyi fu il solo che morì nel dieci giorni.
      Il libro non contribuisce solo ad aumentare le letture sui campi di concentramento ma, come dichiara nella Prefazione, vuole fornire documenti per lo studio del pensiero umano, denunciando le conseguenze di una concezione xenofoba, e utilizza l’opera come strumento di sfogo da un’ossessione che lo perseguita, pur non dando giudizi duri e ricchi d’odio sui tedeschi.
      Mette innanzitutto in evidenza le offese alla dignità dell’uomo ed alla sua personalità individuale, e le innumerevoli umiliazioni che i prigionieri dovevano subire, ed a quanto durante la giornata nessuno aveva tempo di fermarsi a pensare, se non in circostanze particolari, come quando Levi viene ricoverato in infermeria dove riflette sulla fragilità umana; “accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso” afferma.
      I prigionieri sono privati della loro indipedenza, sono sfruttati e la loro unica libertà rimasta è quella di disubbidire, se pur con il rischio di grandi conseguenze, o di obbedire con il minimo impegno.
      Nei Lager nascono però grandi amicizie sebbene vi sia una lotta di tutti contro tutti per la sopravvivenza, quindi accenni di fraternità umana, comprensione e compassione che superano le differenze linguistiche ed il problema principale: la fame, che comporta la guerra per cercare di accaparrarsi più cibo, i loro stomachi gonfi ,le loro braccia esili, i crampi, e la loro debolezza.
      Sebbene il futuro potesse essere l’unica cosa a cui aggrapparsi questo era insistente, infatti il presente dominava cancellando non solo il futuro ma anche il passato che avrebbe portavo solamente maggiore tristezza, si lottava quindi contro i ricordi cancellandoli, infatti per questo i prigionieri italiani rinunciano ai ritrovi domenicali.
      Fornisce così un’immagine contenente non solo riflessioni personali, ma i problemi storici del nazismo e la loro eventuale ripetibilità se non persistenza; infatti Levi non ci da una risposta al perché della persecuzione, ma ci dice che l’umanità non è propensa alla tolleranza e che il futuro potrebbe essere più oscuro del passato

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  58. Il vecchio e il mare - Ernest Hemingway
    Questo libro è ambientato in un piccolo villaggio di Cuba che dà sull'oceano Atlantico. La scelta del luogo viene collegata al fatto che durante la stesura del seguente romanzo l'autore si trovava su quest'isola.
    La storia tratta di un vecchio pescatore, Santiago, che nonostante la sua età e un corpo che non gli permette di sfruttare appieno le forze è deciso a riuscire a prendere del pesce. Il povero Santiago, perseguitato da una maledizione o perlomeno così reputano gli abitanti del villaggio, ormai era da ottantaquattro giorni che non era riuscito a prendere nemmeno un pesce. L'unica persona che rimaneva vicino al vecchio nella sua sventura era un giovane, Manolin, che sin dall'età di 5 anni andava a pescare con il vecchio finché i suoi genitori, convinti anch'essi della maledizione, imposero al figlio di cambiare barca. Manolin voleva molto bene al vecchio e nonostante non andasse più a pescare con lui lo aiutava in qualunque modo gli fosse stato possibile, a partire dal procurargli delle esche fino a portargli da mangiare. Un giorno il vecchio decise di partire e di andare al largo. Dopo un breve periodo di tempo alla sua esca abboccò un grosso marlin, ma data la sua grandezza e l'età avanzata di Santiago egli non riuscì ad abbattere il pesce, pertanto si fece trasportare da esso finché non avesse esaurito le forze. Dopo due giorni il pesce era stremato e il pescatore riuscì ad ammazzarlo e legandolo alla barca si diresse verso il porto. Durante il tragitto verso casa, dato che il marlin lasciava una scia di sangue, venne attaccato dagli squali. All'inizio riuscì grazie alle abilità da gran pescatore a fargli allontanare, ma essendo sprovvisto sia di strumenti sia di forze per poterli sconfiggere lasciò che quest'ultimi divorassero il pesce lasciandone soltanto la carcassa.
    Il mattino successivo dal rientro, mentre il vecchio era nel suo capanno a riprendere le forze dopo questa lunga avventura, al porto vicino alla barca il villaggio si radunò ad osservare l'enorme carcassa di un pesce legata alla barca di Santiago e i segni di lotta contro gli squali che fecero smentire la maledizione del vecchio. Il ragazzo rimase contento dal successo del suo maestro e contro il volere dei genitori decise di ritornare a pescare con il vecchio.

    Il libro di Hemingway ha una visione molto ampia sui molteplici concetti trattati. Presenta un contrasto tra l'uomo e la natura dove solo chi lotta con tutte le forze sopravvive.
    Esso denota il coraggio, il coraggio di un uomo anziano che affronta la forza della natura, per sopravvivere e per il proprio orgoglio da pescatore. Oltre al coraggio del vecchio si può notare il coraggio del pesce che ha lottato con tutte le proprie forze per la propria libertà, ma nella natura c'è sempre un predatore e una preda. Bisogna però avere un certo rispetto l'uno verso l'altro nonostante le diversità.
    Un'altro dettaglio da cogliere è che nonostante l'età di Santiago, i suoi occhi sono azzurri come l'azzurro del mare.
    Inoltre il vecchio insegna al ragazzo l'accettazione di ciò che ci viene offerto, ma nel frattempo di avere il coraggio di tentare e di andare oltre i soliti limiti (andare al largo). Si può anche connotare che il vecchio non era abbandonato a sé stesso, ma aveva un grande aiuto dal ragazzo.
    Tuttavia troviamo anche un tema amato da molti, ossia la pesca. Dentro il romanzo si denota una molteplice terminologia tecnica della pesca e una varia e abbondante descrizione che permette di avere un'immagine molto chiara di ogni avvenimento.
    È un libro semplice e piacevole da leggere, ma all'interno nasconde molteplici sfumature che possono essere interpretate in differenti modi e punti di vista.

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  59. 1984 - GEORGE ORWELL

    "La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza.
    Questa è una delle frasi, o meglio dire slogan, che sin dal primo approccio con libro rimane marchiata a fuoco nella mente del lettore. È infatti riproposta molto spesso durante lo sviluppo del romanzo quasi come se Orwell stesso volesse renderla un dogma e allo stesso tempo volesse  coinvolgere chi legge nella realtà distopica e distorta in cui vive il protagonista, Winston Smith. 1984, Londra. Un futuro relativamente lontano dall'autore. Il mondo è stato diviso da una guerra atomica in tre blocchi totalitari in continua lotta per il controllo territoriale: Estasia, Eurasia e Oceania. In particolare, quest'ultima macrodivisione, è governata da un unico Partito (basato sull'odio e la paura), il quale è presieduto da una figura dittatoriale e fantomatica che appare solamente nei manifesti di propaganda e nei teleschermi, ovvero il Grande Fratello, il quale è in grado di sentire e osservare tutto ciò che la popolazione dice o fa attraverso telecamere e microfoni installati per legge in ogni abitazioni dei membri del Partito. Lo scopo è quello di annullare la privacy dell'individuo e poter controllare facilmente se esso esprima anche inconsciamente idee contrarie a quelle imposte dall'ortodossia del Partito. Questi teleschermi inoltre diffondono informazioni di propaganda politica senza sosta e i membri del Partito non possono far altro che attenuare il rumore prodotto dalla voce metallica abbassando il volume perché l'apparecchio non può essere spento.
    Vi sono inoltre quattro Ministeri: il Ministero della Verità che si occupa dell'informazione, dei divertimenti dell'istruzione e delle belle arti; quello della Pace che si occupava della guerra; quello dell'Abbondanza responsabile dell'economia e poi il Ministero dell'Amore che manteneva la legge e l'ordine pubblico attraverso la psicopolizia, che interviene in ogni situazione sospetta di eterodossia e di possibile deviazionismo. Mette terrore come sia concepita la famiglia nel romanzo. Mettere al mondo figli diventa un dovere di partito e la famiglia diventa uno strumento di controllo tanto che i bambini vengono incoraggiati a osservare i genitori e a denunciare al Partito ogni loro possibile comportamento eterodosso.
    La lingua ufficiale è la Neolingua, la quale censura quindi l'utilizzo di molte parole che abbiano parvenze eterodosse, considerando autore di psicoreato chi ne fa uso. In questo modo viene ridotto al minimo in rischio di pensare ad un argomento che non sia ortodosso perché alcuni concetti diventano appunto inesprimibili.
    La società è governata secondo i dettami del Socing (in neolingua), ovvero un socialismo portato all'estremismo e chi non pensa e agisce secondo i principi imposti da esso, viene vaporizzato ovvero la sua esistenza viene cancellata per sempre. La persona non esiste e non è mai esistita.
    Fondamentali in questa società sono il concetto di bipensiero ovvero la capacità e la volontà di credere in due idee che si annullano a vicenda, in modo rispettare ortodossia, dimenticando nel medesimo istante il cambio di opinione e perfino l'atto di aver dimenticato. È quindi consciamente convinto della veridicità (o falsità) di qualcosa, pur essendo inconsciamente consapevole della sua falsità (o veridicità). L'altro è la mutabilità del passato. Il passato viene cancellato e mutato a seconda della momentanea convenienza del Partito.
    Esso a sua volta si divide in Partito Interno, che comprende leader e  amministratori e Partito Esterno, composto principalmente da funzionari.
    Il resto della popolazione, nonché la maggior parte di essa è composta dai proletari (prolet in neolingua)  il quale viene considerato libero al pari delle bestie. Svolgono lavori pesanti e non hanno alcun privilegio se non quello di non essere controllati direttamente dai teleschermi.

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    1. In questo mondo distopico viene collocato Winston Smith un impiegato del Partito esterno che nel Ministero della Verità ha il compito di correggere giornali e documenti in modo che siano congruenti con ciò che prevede il Grande Fratello.La sua particolarità è quella di aver conservato una coscienza personale e sopratutto ha umanità, sentimento completamente eterodosso secondo il partito e che provavano solo i proletari. Winston crede che finché ci sarà umanità nelle persone il Partito sarà sempre perdente perché non potrà mai guidare i sentimenti della gente dato che alla fine nemmeno la persona stessa riesce a farlo. Comprende inoltre che la forza del Partito risiede nell'ignoranza della gente e nella disinformazione e siccome l'85% della popolazione era composta da proletari praticamente fuori dal mondo mentre il restante 15% da persone completamente controllate, esso continuava a esistere.
      C'è un ma.
      "Se c'è una speranza, questa risiede tra o prolet" scrive il protagonista. Se i proletari prenderanno coscienza della loro forza il partito potrebbe essere sovverchiato, proprio come illustrava Marx nella lotta di classe. Altro elemento che rimanda al pensiero marxista è il solo fatto di aver immaginato il socialismo come  l'inevitabile evoluzione della storia dopo aver oltrepassato il capitalismo.
      La svolta nella vita di Winston avviene quando, durante una manifestazione di Due Minuti d'Odio crede di individuare in O'Brien, mebro importate del Partito interno, una figura ostile al Regime. Lo stesso avverrà con Julia, una ragazza che si adatta a ciò che dice il Partito per convenienza ma in realtà è ribelle.  I due intraprendono una relazione e decidono di collaborare con un'organizzazione clandestina, la Confraternita, di cui O'Brien, sembra farne parte e per questo ricevono un libro dove sono esposte idee anti governative. In realtà vengono traditi, catturati dalla Psicopolizia e segregati   separatamente nel Ministero dell'Amore. Li vengono sottoposti a torture fisiche e psicologiche da parte sopratutto di O'Brien, che è un ufficiale della Psicopolizia. Viene compiuto un lavaggio del cervello e attraverao tre fasi: apprendimento, comprensione, accettazione il suo pensiero viene manipolato e si conforma a quello del Partito. "La lotta era finita. Ora amava il Grande Fratello".
      Questo libro è semplicemente uno di quei romanzi che dovrebbero essere contenuti nelle librerie di ognuno anche semplicemente per il fatto che  purtroppo, parecchie sfumature di esso sono presenti anche nella nostra realtà.
      In esso comunque sono facilmente individuabili gli attacchi alla dittatura di Hitler e Stalin che avevano piegato la popolazione al proprio volere, abolendo la libertà di pensiero e dichiarando nemico del partito chi la pensava diversamente. Tu sei il pazzo perché solo una mente disciplinata può discernere la realtà. La realtà sta nella mente ma non in quella individuale che è soggetta a sbagliare ma bensì in quella collettiva del Partito perché lui dirà sempre il vero. Se il partito decide che 2+2 fa 5 allora 2+2 non farà più 4 ma 5.
      Il libro è facilmente digeribile perché è scritto con uno stile semplice e fluido, riesce a trasportare e quindi è difficile bloccarsi. È però un romanzo che ti fa pensare. Cominci a chiederti quali sono i valori veramente importanti, se riusciresti a sacrificare la tua vita per salvare quella di chi ami, se saresti pronto ad annullarti piuttosto che morire, come affronteresti un futuro cosi terribile. Tutte domande a cui personalmente non saprei rispondere ora come ora. Ha lasciato davvero il segno, questo è certo.

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    2. In questo mondo distopico viene collocato Winston Smith un impiegato del Partito esterno che nel Ministero della Verità ha il compito di correggere giornali e documenti in modo che siano congruenti con ciò che prevede il Grande Fratello.La sua particolarità è quella di aver conservato una coscienza personale e sopratutto ha umanità, sentimento completamente eterodosso secondo il partito e che provavano solo i proletari. Winston crede che finché ci sarà umanità nelle persone il Partito sarà sempre perdente perché non potrà mai guidare i sentimenti della gente dato che alla fine nemmeno la persona stessa riesce a farlo. Comprende inoltre che la forza del Partito risiede nell'ignoranza della gente e nella disinformazione e siccome l'85% della popolazione era composta da proletari praticamente fuori dal mondo mentre il restante 15% da persone completamente controllate, esso continuava a esistere.
      C'è un ma.
      "Se c'è una speranza, questa risiede tra o prolet" scrive il protagonista. Se i proletari prenderanno coscienza della loro forza il partito potrebbe essere sovverchiato, proprio come illustrava Marx nella lotta di classe. Altro elemento che rimanda al pensiero marxista è il solo fatto di aver immaginato il socialismo come  l'inevitabile evoluzione della storia dopo aver oltrepassato il capitalismo.
      La svolta nella vita di Winston avviene quando, durante una manifestazione di Due Minuti d'Odio crede di individuare in O'Brien, mebro importate del Partito interno, una figura ostile al Regime. Lo stesso avverrà con Julia, una ragazza che si adatta a ciò che dice il Partito per convenienza ma in realtà è ribelle.  I due intraprendono una relazione e decidono di collaborare con un'organizzazione clandestina, la Confraternita, di cui O'Brien, sembra farne parte e per questo ricevono un libro dove sono esposte idee anti governative. In realtà vengono traditi, catturati dalla Psicopolizia e segregati   separatamente nel Ministero dell'Amore. Li vengono sottoposti a torture fisiche e psicologiche da parte sopratutto di O'Brien, che è un ufficiale della Psicopolizia. Viene compiuto un lavaggio del cervello e attraverao tre fasi: apprendimento, comprensione, accettazione il suo pensiero viene manipolato e si conforma a quello del Partito. "La lotta era finita. Ora amava il Grande Fratello".
      Questo libro è semplicemente uno di quei romanzi che dovrebbero essere contenuti nelle librerie di ognuno anche semplicemente per il fatto che  purtroppo, parecchie sfumature di esso sono presenti anche nella nostra realtà.
      In esso comunque sono facilmente individuabili gli attacchi alla dittatura di Hitler e Stalin che avevano piegato la popolazione al proprio volere, abolendo la libertà di pensiero e dichiarando nemico del partito chi la pensava diversamente. Tu sei il pazzo perché solo una mente disciplinata può discernere la realtà. La realtà sta nella mente ma non in quella individuale che è soggetta a sbagliare ma bensì in quella collettiva del Partito perché lui dirà sempre il vero. Se il partito decide che 2+2 fa 5 allora 2+2 non farà più 4 ma 5.
      Il libro è facilmente digeribile perché è scritto con uno stile semplice e fluido, riesce a trasportare e quindi è difficile bloccarsi. È però un romanzo che ti fa pensare. Cominci a chiederti quali sono i valori veramente importanti, se riusciresti a sacrificare la tua vita per salvare quella di chi ami, se saresti pronto ad annullarti piuttosto che morire, come affronteresti un futuro cosi terribile. Tutte domande a cui personalmente non saprei rispondere ora come ora. Ha lasciato davvero il segno, questo è certo.

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  60. LA TREGUA è un’ideale continuazione di “Se questo è un uomo”, in quanto narra la lunga odissea del ritorno in patria dei deportati attraverso tutta l’Europa orientale. In questo libro la narrazione assume una dimensione avventurosa. L’opera fu scritta da Primo Levi, nato a Torino nel 1919; dopo essere entrato nelle formazioni partigiane fu catturato dai tedeschi e deportato nel Lager di Auschwitz, in quanto ebreo. Riuscito a scappare, ritornò a Torino e si dedicò alla chimica e alla letteratura.
    Questo libro è un resoconto dell’esperienza nei campi di sterminio nazisti, infatti il romanzo “La tregua” è un’opera di memoria, o meglio un’importante testimonianza storica.
    Il libro è introdotto da una poesia scritta l’11 gennaio 1946. Dopo molti anni Levi scelse questa poesia per iniziare il secondo racconto con l’intenzione di unire i due racconti facendone un solo libro; vi è quindi un elemento di collegamento tra i due. Il tema della poesia è la paura che il lager aveva trasmesso ai prigionieri ebrei: paura della morte, della fame, del freddo, dei nazisti. Levi con questo significato della poesia intende aprire e chiudere il secondo libro, “La tregua”, che completa i ricordi della terribile esperienza del lager e del viaggio di ritorno in patria. Il messaggio della poesia è la dichiarazione delle paure subite nel campo di sterminio, paure che non possono essere dimenticate, paure che vivranno per sempre in chi le ha vissute. In quest’opera si ha il recupero della libertà e dignità dell’uomo che aveva perso dentro il lager; infatti a Levi stesso nasce un urgente bisogno di racconto e di testimonianza. Anche in “La Tregua”, come in “Se questo è un uomo”, condivide in parte questa necessità.
    Il romanzo narra dell’itinerario assai lungo che l’autore dovette affrontare per tornare verso casa; dalla Polonia del sud, dove si trova il campo di Auschwitz, il protagonista fu condotto prima in Ucraina e poi in Bielorussia. Da qui iniziò la discesa verso la Romania e poi il transito verso l’Austria, attraverso Ungheria e Slovacchia. Una volta passato per Monaco di Baviera, Levi raggiungerà la città natale di Torino. Il viaggio iniziò alla fine di febbraio del 1945 e si concluse nel capoluogo piemontese il 19 febbraio.
    Il primo capitolo “Il disgelo” descrive l’arrivo della prima pattuglia russa al campo di Auschwitz mentre Levi e l’amico Charles stanno trasportando alla fossa comune il corpo del compagno di stanza morto. In seguito nel secondo capitolo Levi si ammala di scarlattina e parla del suo ricovero in un ospedale nel Campo Grande di Auschwitz. Qui Levi racconta di vari prigionieri che ha conosciuto e che ha visto morire nel campo.
    Il terzo capitolo, “Il greco”, è ambientato dopo la liberazione; Levi si sposta verso Cracovia e poi a Katowice in compagnia di Mordo Nahum, un greco ebreo che gli racconta le sue idee sulla vita e sulla morte e ritiene che la guerra ci sia sempre anche se per ora è finita. Mordo e Levi si separeranno, per poi incontrarsi successivamente nel corso dell’esodo. Nei capitoli seguenti Levi si fa assumere come infermiere del campo di sosta, dove conosce altri amici e ritrova Cesare, con cui aveva condiviso le sofferenze ad Auschwitz. L’otto maggio 1945 viene proclamata la fine della guerra e la vittoria dell’armata rossa sui nazisti. Levi, dopo una partita di calcio, si ammala di pleurite ed è nuovamente ricoverato.

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  61. Nel settimo capitolo, “I sognatori”, Levi descrive la propria guarigione grazie al suo amico medico; segue poi il racconto delle storie, spesso completamente inventate sulla vita, di alcuni compagni di camera che le raccontano. Giunge poi la notizia (capitolo otto, Verso sud) che tutti i prigionieri italiani verranno condotti ad Odessa, punto d’imbarco per l’Italia. Tuttavia, il treno del protagonista deve arrestarsi per l’interruzione della linea ferroviaria, poi il viaggio riprende verso nord. In Bielorussia Levi ritrova il suo amico greco. In seguito i due devono spostarsi a piedi verso un campo in Bielorussia e durante il tragitto riescono a barattare i loro piatti con una gallina. I protagonisti raggiungono il campo grazie al passaggio di un carro, pagando otto rubli; una volta in paese vengono smistati e portati in un edificio chiamato “Casa rossa”. Qui Levi trascorre quasi due mesi, durante i quali descrive la vita del paese e qualche episodio rilevante.
    Nel tredicesimo capitolo il protagonista ritrova Flora, una donna ebrea che ad Auschwitz più volte gli aveva procurato del cibo. In questo periodo alla “Casa rossa” arriva un camioncino cinematografico che proietta alcuni film e questo scatena l’entusiasmo di Levi e dei compagni. Questi ultimi organizzano anche una rappresentazione teatrale per tutti i rifugiati; in seguito, il generale sovietico comunica la prossima partenza. Inizia così il nuovo viaggio verso sud durante il quale Levi riflette sulla sua esperienza. Nel capitolo seguente l’autore descrive il difficoltoso attraversamento della Romania, dell’Ungheria e dell’Austria e alcuni giorni dopo Levi e gli altri reduci passano sotto la tutela americana. L’ultimo capitolo, intitolato il “Risveglio” narra le ultime tappe del viaggio; a Monaco Levi scopre d’essere tra i pochi sopravvissuti a tornare in Italia. Il 19 ottobre arriva a Torino ritrovando la propria casa e la serenità familiare, però è sempre attraversato dal ricordo lacerante del campo di sterminio.
    Nel brano “La tregua” i sentimenti del protagonista sono ambivalenti: da un lato, il senso della libertà riacquisita e dell’attesa del rientro a casa; dall’altro, l’angoscia del ricordo dei dolori e delle sofferenze del lager, e secondo lui è impossibile tornare ad una vita davvero “normale”. La liberazione del campo di Auschwitz non è e non può essere per Levi la conquista della vera libertà, perché l'orrore della reclusione nei campi di sterminio, il ricordo della fame e delle umiliazioni, continueranno a esistere nei sogni di Levi e degli altri superstiti. Difatti egli vive una “tregua”nella tragedia della vita, ovvero coloro che hanno avuto salva la loro vita, ora dovranno scontare la pena di essere sopravvissuti e di immaginarsi di nuovo quelle crudeltà.
    Nonostante tutto mi ha colpito la forza dell’autore di far rinascere in lui, dopo tante sofferenze e difficoltà, il desiderio di confrontarsi con gli altri. In “La tregua” si percepisce il bisogno dell’uomo di ricreare dei rapporti per ricostruire una propria vita. Gli avvenimenti raccontati in queste pagine costituiscono un modo per farci riflettere tra l’esistenza senza futuro del lager e il futuro aspro, difficile e sconosciuto della vita civile, in cui i deportati dovettero reinserirsi con i traumi e le atrocità che avevano subito nei campi di concentramento. Il racconto inizia con una scena tragica, ma poi si trasporta in un ambiente pervaso da un desiderio di vita così intenso da trasformare qualsiasi segno della morte ancora ben visibile. Ho deciso di leggere questo libro perché, avendo già letto in passato “Se questo è un uomo”, ero curiosa di scoprire come si concludeva la vicenda dell’autore.

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4. Libertà e precarietà ai tempi del Coronavirus

Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi / le foglie. Ungaretti non poteva conoscere il coronavirus, ma seppe cantare in meravigliosi versi...