lunedì 27 gennaio 2020

3 - Contro lo sport



Nella cultura contemporanea lo sport ricopre un ruolo di primo piano. Tutti siamo caldamente invitati ad utilizzare almeno parte del nostro tempo libero praticando uno sport. Esso è considerato un'attività irrinunciabile, in particolare per i giovani in fase di sviluppo: perché consente di spingere il corpo ad esprimersi al massimo delle sue potenzialità; perché favorisce la socializzazione; perché insegna un'etica - l'etica dello sport -, basata sul riconoscimento dell'avversario e sul rispetto delle regole sportive; perché è meritocratico, nel senso che valorizza l'impegno, la tenacia, la determinazione, oltre che il talento individuali; perché è salutare, rallenta l'invecchiamento e valorizza anche sotto il profilo estetico.

Chi ama lo sport, inoltre, non si limita a praticarlo, ma lo segue in televisione, si informa sulle competizioni, sulle ultime novità e sulle prodezze dei propri eroi sportivi preferiti, alimentando un settore economico. Esiste, infatti, un ecosistema dello sport, fatto di tifosi, commentatori, società, allenatori, sponsor, investitori, amministratori, politici, vivai e semplici sportivi amatoriali. 

Benissimo. Ma è possibile che, fra tutte le attività umane, solo lo sport sia interamente positivo? Possibile che non esistano lati oscuri nello sport?

Nell'esercizio che vi propongo, vi chiedo di riflettere su questo, a partire da qualche spunto. Buon lavoro!


Documento 1

Gioco e sport

In tutto il regno animale non esiste nulla che assomigli allo sport. Viceversa, il gioco ha fondamenti biologici ed è presente in tutto il regno animale come forma spontanea di apprendimento, sia individuale che di gruppo. È un’attività istintuale, che si svolge secondo convenzioni temporanee che consentono di oltrepassare la mera esistenza fisica. Nella specie umana fa emergere la capacità di abbandonarsi ad un “altro mondo”, ponendo i fondamenti della crescita psichica e culturale.
[...] L’essenza del gioco, la sua fecondità, è tutta nello spirito libero e infantile del play. “Per giocare veramente l’uomo, quando gioca, deve ritornare bambino”. Tutto dev’essere gioco, compresa l’attività di riscrivere le regole ogni volta, impedendo che si stabilisca uno standard, che si fissino dei parametri, che si arrivi a delle classifiche: il vero gioco non ha vincitori.
[...] Lo sport [...] si è via via deteriorato a causa della sua fatale deviazione verso un eccesso di seriosità.  Sempre meno ludico, sempre più organizzato tecnicamente e burocraticamente, lo sport è oggi quanto di meno creativo (e quindi ricreativo) possa esistere, su cui investire il nostro tempo libero.
[...] Lo sport impedisce l’invenzione di nuovi modi di giocare, o al massimo li ingloba e li omogeneizza al sistema, pretendendo di incidere con il proprio codice normativo anche sulla vita reale delle persone.[...] L’umanità è talmente assuefatta alla costrizione nel lavoro e nella vita sociale, che di fronte alla possibilità di utilizzare liberamente il “tempo libero”, lo organizza subito secondo schemi che nulla lasciano al caso e all’improvvisazione. Lo sport adempie pienamente a queste funzioni. 
 Bruno Ballardini, Contro lo sport (a favore dell'ozio), Baldini & Castoldi, Milano 2016 

Documento 2 

Documento 3

Documento 4
Rimango sempre esterrefatto quando sento dire che lo sport genera amicizia tra le nazioni, e che se solo la gente comune dei popoli di tutto il mondo potesse incontrarsi su un campo di calcio o di cricket, non avrebbe alcun desiderio di incontrarsi su un campo di battaglia. Anche se non fosse già chiaro da esempi concreti (i Giochi Olimpici del 1936, ad esempio) che le competizioni sportive internazionali provocano orge di livore, lo si potrebbe capire da alcuni principi generali.
Quasi tutti gli sport praticati oggi sono agonistici. Si gioca per avere la meglio sull’avversario, e l’incontro ha scarso significato se non si fa il massimo sforzo per vincere. Al parco del paese, dove si sceglie in quale squadra giocare senza farsi prendere da sentimenti di patriottismo locale, è possibile gareggiare per divertimento e per fare dell’attività fisica. Ma non appena fa capolino la questione del prestigio, non appena si avverte che, in caso di sconfitta, il disonore ricadrà su di sé e su una entità superiore, si scatenano gli istinti aggressivi più brutali. Chiunque abbia giocato anche solo una partita di calcio a scuola è consapevole di questo fenomeno. A livello internazionale, lo sport, per dirla francamente, è un combattimento simulato. Ma ciò che è significativo non è la condotta dei calciatori, ma l’atteggiamento degli spettatori; e, al di là degli spettatori, delle nazioni che vanno su tutte le furie a causa di queste assurde competizioni, e credono seriamente — almeno per brevi periodi — che correre, saltare e dare calci a una palla siano una prova di virtù nazionale.
[...] Non appena emergono forti sentimenti di rivalità, la decisione di giocare secondo le regole viene sempre meno. La gente vuole vedere una squadra vittoriosa e l’altra umiliata, e dimentica che la vittoria ottenuta barando o grazie all’intervento della folla non ha alcun valore. Anche quando gli spettatori non intervengono fisicamente, essi cercano di influenzare l’incontro incoraggiando la propria squadra e demoralizzando i giocatori avversari con fischi e insulti. Lo sport serio non ha niente a che fare con il fair play. È un miscuglio di odio, gelosia, vanagloria, inosservanza di ogni regola e piacere sadistico di assistere a manifestazioni di violenza: in altre parole è la guerra senza i proiettili.
George Orwell, Lo spirito sportivo (1945)

Documento 5
Più sport per ognuno, spirito di gruppo, divertimento, svago, distrazioni, e tu così non pensi, no? Organizzare, riorganizzare, superorganizzare super-super-sport! Più vignette umoristiche, più fumetti nei libri! Più illustrazioni, ovunque! La gente assimila sempre meno. Tutti sono sempre più impazienti, più agitati e irrequieti. 
Ray Bradbury,  Fahrenheit 451 (1953)

4. Libertà e precarietà ai tempi del Coronavirus

Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi / le foglie. Ungaretti non poteva conoscere il coronavirus, ma seppe cantare in meravigliosi versi...